UNGHERIA

Storia

Nella parte orientale di questa terra vi è una grande pianura selvaggia, chiamata “Puszta”. Il suo aspetto, oggi un po’ addolcito da un più largo sfruttamento meccanizzato del terreno,  non è soltanto di natura fisica, come ad esempio la scarsità delle piogge, ma numerosi secoli di abbandono hanno contribuito a renderla così.

Il popolo magiaro non ha mai potuto popolarla poiché la regione non ha confini naturali sicuri, per cui in ogni secolo fu percorsa da nomadi razziatori e crudeli. La storia dell’Ungheria è una continua serie di dominazioni straniere, devastazioni e persecuzioni, e ad ogni sopruso questo fierissimo popolo ha risposto con insurrezioni ed eroiche rivolte.

Il nome ufficiale dello stato è “Magyar Nepkoztarsasag”, cioè Repubblica Magiara. Esso deriva da Magyar che è il nome della sua popolazione, che si stanziò nell’attuale territorio verso la fine del IX secolo dopo Cristo. I Magiari, di origine  ungro-finnica provenivano da regioni caucasiche. Lo stato magiaro (detto anche Ungheria dall’altro nome di Ungari con cui i Magiari venivano chiamati) venne retto al suo nascere da un capo di nome Arpad. Egli guidò i magiari a scacciare i popoli germanici che vi si erano insediati dopo la caduta dell’impero romano.

Verso il X secolo, sotto il regno di Geza, essi si convertirono al cristianesimo. Alla morte di Geza salì al trono Stefano, il figlio, che fu detto il Santo, il quale conquistò varie terre, riordinò l’amministrazione e diede un Codice di leggi (1010).

La dinastia di Arpad si estinse nel 1301;  dopo di allora ci furono re angioini ed imperatori di Germania. Nella seconda metà del XV secolo Mattia Corvino salvò l’Ungheria dai turchi e la guidò verso la civiltà del Rinascimento, facendola diventare la prima potenza dell’Europa centrale. Egli fu anche re di Boemia.

La decadenza cominciò con i suoi successori: Ladislao di Boemia e Luigi II, suo figlio.  Essendo quest’ultimo stato ucciso dai turchi nella battaglia di Mohacs nel 1526, una parte dei nobili elesse re Ferdinando d’Asburgo, fratello e successore dell’imperatore Carlo V, e da allora in poi il Regno di Ungheria fu unito all’Impero. Ma una parte del paese, la Transilvania, non  riconobbe questo stato di cose, si staccò sotto principi nazionali ed accettò la sovranità dell’Impero Ottomano.

Dopo più di un secolo e mezzo di guerra contro i turchi, l’Ungheria fu totalmente sotto il dominio della casa di Asburgo, nel 1699. Ma i sovrani di Asburgo non furono migliori dei turchi nel governo del paese, in quanto assolutisti, veri dominatori.

Nel XVIII secolo gli Asburgo, seguendo le teorie sociali di quell’epoca, iniziarono ad introdurre in Ungheria delle riforme. Che però non ebbero grandi risultati sul piano pratico poiché il governo della monarchia rimase sempre autoritario ed assoluto.

Nel XIX secolo i moti rivoluzionari di Francia e poi d’Italia si estesero anche in Ungheria, dove i patrioti furono guidati dal poeta Alessandro Petofi e da Luigi Kossuth. Egli, dopo una attiva campagna di oratoria e di stampa contro il reazionario governo  di Metternich, per cui subì tre anni di prigione, fu eletto membro della Dieta magiara nel 1847. Capo del governo nel 1848, esponente del nazionalismo, incarnò la rivoluzione che doveva trasformare l’Ungheria feudale in uno stato costituzionale.

Ma la rivoluzione fallì, sia per contrasti sorti fra i capi, sia per la preponderanza delle armi austriache, aiutate dalle forze russe. L’Ungheria fu allora trasformata in paese della Corona, unita all’impero d’Austria, la quale fece poi delle concessioni: nel 1860 la Costituzione e nel 1867 fu eretta a regno in unione reale con l’Impero d’Austria. Si ebbe quindi il regime dualistico  della Monarchia Austro-Ungarica. Ma le divergenze fra la Dieta e Vienna rimasero intatte.

Questo stato di cose durò fino alla prima guerra mondiale, nella quale l’Ungheria combattè a fianco dell’Austria. La fine della guerra determinò la fine della monarchia austro-ungarica. L’Ungheria acquistò l’indipendenza ed il 16 novembre 1918 proclamò la Repubblica. Ma il trattato di pace concluso a Parigi tolse all’Ungheria buona parte del suo territorio; essa infatti perdette la Slovacchia e la Rutenia, che furono incorporate dalla Cecoslovacchia, la Transilvania ed il Banato che furono ceduti alla Romania, la Croazia e la Slavonia che passarono alla Jugoslavia e la città di Fiume che venne assegnata all’Italia.Nel 1940 aderì al Patto Tripartito ed all’inizio ebbe notevoli miglioramenti.

Ma la disastrosa seconda guerra mondiale portò all’Ungheria prima l’invasione delle truppe russe, poi di quelle tedesche e nel febbraio del 1945 fu definitivamente occupata dai russi.

Il 14 gennaio del 1946 si costituì a Repubblica Popolare. Dopo il trattato di pace dell’aprile 1947, con un primo colpo di stato si arrivò alla nazionalizzazione delle banche e delle industrie; nel 1948 furono nazionalizzate le scuole e con un  secondo colpo di stato nel luglio del 1948 l’Ungheria divenne uno stato a regime comunista.

Il nuovo regime pianificò la produzione agraria ed industriale e condusse a fondo la lotta contro gli avversari politici ed il clero.Fra gli episodi di politica antireligiosa, che accompagnarono lo stabilirsi ed il consolidarsi del regime comunista, ebbero risonanza mondiale il processo, conclusosi con la condanna all’ergastolo, del Cardinale Primate Joseph Mindszenty (8 febbraio 1949) e lo scioglimento della maggior parte degli Ordini  religiosi, nel settembre 1950. L’animatore della Repubblica Popolare, Mattia Rakosy, una delle figure più rappresentative del comunismo europeo, si dimise nel luglio 1953, e gli successe Imre Nagy, con programma più moderato: riduzione del piano quinquennale, troppo vasto,  e ricostruzione della piccola proprietà.

Nagy si preoccupò subito di migliorare la vita del popolo, aumentò gli investimenti nell’agricoltura, ridusse il prezzo del pane e ne abolì il razionamento ed abolì anche i campi di concentramento. Poi stabilì che le adesioni alle cooperative agricole dovevano essere volontarie e con questo nel 1954 la socializzazione delle campagne si ridusse molto.

Nel frattempo Rakosy era andato a fare un viaggio nell’Unione Sovietica, dal quale rientrò nel gennaio del 1955. Riacquistò subito un certo potere politico ed in marzo, accusando Nagy di “deviazionismo” e di “antimarxismo”, lo fece espellere dal partito e dalle cariche statali, e lo fece sostituire da Andras Hegedus, nella carica di Presidente del Consiglio. Fu subito restituito il carattere socialista all’industrializzazione ed alla collettivizzazione agricola.

Rakosy volle tenere l’Ungheria sempre più ancorata all’Unione Sovietica, naturalmente a scapito del desiderio di libertà del popolo. Chi alimentò questo desiderio furono gli intellettuali che chiesero maggiore libertà, eliminazione della censura nella stampa e nelle attività culturali ed artistiche. Agli intellettuali si unirono gli operai ed i contadini e le agitazioni raggiunsero proporzioni tali da preoccupare anche i dirigenti sovietici che deposero Rakosy ed al suo posto misero Erno Gero, come primo segretario del partito.

Quando scoppiarono i moti antistalinisti in Polonia, il popolo ungherese inscenò manifestazioni di gioia. Il capo dell’Unione degli scrittori, Peter Veres, col permesso dell’allora ministro degli interni,organizzò una grandiosa  manifestazione che culminò con la richiesta di applicazione di una politica socialista sì ma indipendente dall’Unione Sovietica. Inoltre si chiese la partecipazione alla politica economica e sociale da parte di tutti i cittadini, la possibilità ai sindacati di difendere gli interessi dei lavoratori, l’affidamento del governo a Nagy ed il ripristino di votazioni libere, dirette e segrete.

Gero, che in quel momento era assente dal paese, vi rientrò subito per riportare ordine e poi proclamò la legge marziale. Poi predispose il ritorno a primo ministro per Nagy ben sapendo che così lo avrebbe silurato perché immediatamente chiese l’intervento delle truppe sovietiche, già presenti nel paese. Il popolo accusò Nagy di tradimento. Ma anche Gero, ritenuto il vero responsabile della situazione, fu esonerato e sostituito da Janos Kadar, considerato “titoista”.

Ma ormai il germe della ribellione aveva invaso  tutti i settori della vita pubblica. Il popolo era tutto teso ad ottenere la più completa libertà d’azione e tutti gli appelli che Nagy rivolse per riportare l’ordine nel paese andarono a vuoto. Egli dichiarò persino la neutralità dell’Ungheria e la volontà del paese di uscire dal Patto di Varsavia. Non si ottenne alcun  risultato e così Nagy dovette abbandonare la carica di presidente  che invece andò a Kadar.

E poiché l’occidente in quel periodo era impegnato nelle vicende del canale di Suez, nazionalizzato dall’Egitto, l’Unione Sovietica, con l’invio massiccio di truppe meccanizzate, invase impunemente l’Ungheria ed in poco tempo ridusse al silenzio gli insorti. Tutto ciò costò la perdita di circa 25.000 persone.

Nel dicembre 1956 l’Ungheria, governata da Kadar,  tornò in pieno nel quadro del sistema sovietico. Nagy, considerato traditore, fu fucilato nel giugno 1958. Nel gennaio 1959 Kadar  fu sostituito da Ferenc  Munniche. In quello stesso anno e poi nel 1960 fu ripristinato tutto il sistema di svolgimento della politica ungherese, anche per ciò che erano i rapporti con le Nazioni Unite, ma uno spiraglio con l’occidente fu sempre presente nelle relazioni economiche e culturali.

Gli anni 60 furono quelli che restituirono all’Ungheria la possibilità di muoversi in un clima più disteso sul piano economico. Fu data la possibilità ai contadini che lo desideravano di lasciare le cooperative per coltivare terreni propri. Gli operai ebbero riconoscimenti importanti, come forti aumenti salariali in contrapposizione alla assistenza sociale di stato; fu possibile una meccanizzazione del lavoro con beneficio della produttività, i sindacati ebbero funzioni di assistenza ai lavoratori ed insomma tutto stava incanalandosi  verso quello che la Jugoslavia ironicamente chiamò “socialismo dei managers”. Alcuni dirigenti stalinisti furono allontanati e si procedette a togliere potere alla burocrazia ministeriale.

Ma nello stesso tempo si  verificava una preoccupante diminuzione demografica ed un vistoso aumento dei prezzi, come quello della carne e dei trasporti. Poi intervenne la crisi internazionale energetica che provocò negli anni 70 la fine della evoluzione del mercato ungherese, nonché la liberalizzazione politico-sociale. Il sistema fu ridimensionato e molti innovatori furono allontanati.

Nel maggio 1975 J. Fock venne sostituito da G. Lazar, economista e nel gennaio 1956 l’incentivazione economica fu assai ridotta.Nel marzo 1980 fu riaffemata l’assoluta fedeltà all’Unione Sovietica sia per quanto riguardava le rimostranze verso i missili Cruise e Pershing installati dalla NATO, sia in occasione dell’invasione sovietica nell’Afghanistan. Si  chiese poi una maggiore autonomia ai sindacati, che fino ad allora avevano svolto una attività esclusivamente consultiva ed intanto Kadar, rimasto saldamente sia alla guida  del partito che del paese auspicò un più ampio rinnovamento sia del sistema economico che dei quadri di partito.

Nel giugno 1980 si rinnovò l’Assemblea Nazionale e con essa si confermarono G.Lazar capo del governo e P. Losonczi capo del Consiglio Presidenziale.

Nel 1982 furono rafforzate le piccole imprese e nel 1985 quelle grandi. Per i salariati si applicarono diversi emolumenti a seconda del loro profitto. Nel 1986 si abolirono i sussidi statali per le imprese fallimentari, fu varata una legge sulla bancarotta e si modernizzò il sistema bancario.

Un’altra riforma  interessò la settimana lavorativa che divenne di 5 giorni. In campo elettorale si rese obbligatoria la presentazione di due candidati, la cui selezione rimaneva però in mano al partito comunista.

E dopo il XIII Congresso del Partito Socialista Ungherese, tenutosi nel 1985, cominciarono a manifestarsi i primi segni di una crisi del regime. Nel 1987 il segretario del Fronte Patriottico Popolare,  I. Pozsgay, oltre ad assumere un atteggiamento fortemente riformista, criticò in più occasioni il piano di  stabilizzazione marcato Kadar.

La Lega Giovanile Comunista si schierò a favore di una maggiore democratizzazione del paese e nel settembre vide la luce un organismo politico indipendente, il Forum Democratico Ungherese.

In una Conferenza ideologica del paese, tenutasi nel 1988, fu stilato un documento finale in cui occupava il principale posto la richiesta di democratizzazione.

Nel gennaio 1989 fu approvata una legge sulla libertà di associazione e piano piano si andò costituendo un sistema  multipartitico e si istituì una Tavola Rotonda in cui il partito, l’opposizione ed i sindacati cercarono di definire un nuovo quadro  istituzionale.

Ed in questo periodo si registrarono due fatti importanti. Nagy, riabilitato dal governo, in giugno ebbe funerali di stato, ai quali partecipò una gran massa di popolo. E poi in agosto vi fu una  grande manifestazione popolare di protesta contro il governo. Le elezioni suppletive svolte tra luglio e settembre videro ripetutamente trionfare esponenti delle opposizioni.

Furono apportati emendamenti alla Costituzione. Il 23 ottobre 1989 M. Zsuros, presidente dell’Assemblea Nazionale, proclamò ufficialmente la Repubblica di Ungheria;  poi reistituì la carica di Presidente della Repubblica che provvisoriamente assunse lui stesso.

Le prime elezioni politiche multipartitiche si svolsero in due turni: il primo il 25 marzo ed il secondo l’8 aprile 1990. Il Forum Democratico risultò il primo partito e l’Alleanza dei  Liberi Democratici fu il secondo. A maggio fu formato un governo di coalizione sotto la guida di J. Antall, presidente del Forum mentre A. Goncz, presidente dell’Alleanza, fu eletto “ad interim” Presidente della Repubblica. Si rinnovò tutto il sistema parlamentare con il ripristino di tutte le cariche tradizionali.

All’inizio degli anni 90, nonostante che il governo centrista cristiano-democratico avesse programmato un piano per la riduzione del debito estero e per una ampia privatizzazione, la situazione economica peggiorò, con un notevole aumento dell’inflazione e della disoccupazione. Tutto ciò si aggravò con la crisi internazionale del petrolio, conseguente alla Guerra del Golfo, ed anche il settore dei trasporti subì un grave colpo a causa dell’aumento del prezzo della benzina.

In mezzo ai contrasti sorti nella stessa maggioranza di governo, vennero a porsi anche i sentimenti antisemiti di T. Csurka, capo della fazione di destra del Forum Democratico, che nel 1993 fu espulso dal partito.

Nel maggio 1994 i partiti di  governo subirono una sconfitta alle elezioni legislative, a favore dei socialisti, guidati da G. Horn, ex ministro degli esteri, che quindi formò il nuovo governo in unione ai liberi democratici. Egli dovette affrontare nell’aprile 1995 forti tensioni e scioperi a seguito dell’applicazione di drastiche misure di austerità. Nel giugno dello  stesso anno Goncz fu rieletto  Presidente della Repubblica.

In politica estera l’Ungheria, anche prima dell’avvento della “perestroika”, potè allacciare e sviluppare buone relazioni con l’occidente, specialmente con la Germania e gli Stati Uniti; fu ammessa al Fondo Monetario Internazionale ed alla Banca Mondiale. Divenne poi anche membro del Consiglio d’Europa e dal gennaio 1994 anche membro associato dell’Unione Europea. In più, stipulò patti di cooperazione con l’Unione Sovietica, Ucraina, Polonia ed anche con Praga e Bratislava.
Unico problema, ancora irrisolto, rimase quello delle minoranze di lingua ungherese presenti in Romania.
 
Fra l’ottobre ed il novembre 1995 sopravvenute difficoltà nei vari settori provocarono le dimissioni di tre ministri: quello del Lavoro, quello delle Finanze e quello  della Cultura ed Educazione. Nella seconda metà del 1996, in seguito ad alcuni scandali e ad altre contrarietà, si dimisero anche altri responsabili governativi e, fra l’altro, fu sostituito il Ministro dell’Agricoltura, che non aveva operato la ristrutturazione del settore, che era stata invece dichiarata improrogabile.

Il 1997 portò molte diatribe in campo sia politico che economico. Risultarono responsabili delle mancate privatizzazioni proprio i principali esponenti governativi. Poi si scoperse che molti membri del Partito Socialista erano stati soggetti ad indagini non autorizzate, ed infine Horn risultò implicato personalmente, nel 1956, nei tentativi di consolidare nel paese il sistema sovietico.

Invitato a presentare le dimissioni, Horn non eseguì. Invece l’opinione pubblica fu dirottata verso le questioni relative all’adesione all’Alleanza Atlantica e nell’agosto del 1997 fu indetto, a questo riguardo, un referendum popolare che si svolse il 16 novembre. Bassa fu l’affluenza alle urne (49%), anche perché in precedenza era stato approvato un emendamento alla Costituzione, con il quale si portava al 25% il quorum dei votanti. E l’ingresso alla NATO fu votato con l’85,3% dei consensi.

Alla fine del 1997 i vari movimenti di tutte le opposizioni resero necessaria una alternanza di governo. E nelle elezioni del 24 maggio 1998 prevalse l’alleanza fra la Federazione dei Giovani Democratici  con il Partito Popolare Magiaro. Il 6 luglio 1998 divenne premier V. Orban, leader di questa alleanza.

Egli stabilì come primi obiettivi del suo programma di governo la lotta alla criminalità ed il miglioramento economico del popolo.
Nel febbraio del 1999 si firmò il trattato di Washington per la conclusiva adesione dell’Ungheria alla NATO, e quando in quello stesso anno furono necessari i bombardamenti contro la Jugoslavia per la guerra nel Kosovo, il paese concesse anche la disponibilità delle proprie basi.

Nel frattempo l’Ungheria aveva rafforzato i buoni rapporti con la Romania mentre un raffreddamento  si era verificato in quelli con la Slovacchia, dove non ricevevano legali diritti le minoranze ungheresi colà residenti. E gli attriti fra questi due paesi erano andati via via aumentando anche per la progettazione di quegli impianti idroelettrici di Gabcikovo-Nagymaros  sul  Danubio, nonostante che nel settembre 1997 fosse intervenuta la Corte Internazionale di Giustizia.