TURCHIA

Storia

I turchi, nomadi di razza mongolica, provenienti dall’Asia Centrale, dopo essersi convertiti all’islamismo, cominciarono ad  avanzare nell’Iraq e nella Russia sud-orientale, e nell’XI secolo dopo Cristo si stabilirono nella Penisola dell’Anatolia.

Attaccarono l’impero bizantino; nel 1055 conquistarono Bagdad roversciando il Califfato degli Abassidi e continuarono poi la loro avanzata in Siria ed in  Palestina e nel 1098 giunsero a Gerusalemme. Ciò provocò l’intervento di alcuni principi cristiani, che organizzarono le “Crociate”.

Dopo aver sostenuto le lotte con i cristiani, i turchi dovettero fronteggiare l’invasione dei mongoli. L’Anatolia cadde in poco tempo nelle mani  degli invasori che però non si stabilirono mai definitivamente nel paese.

I turchi, quindi, poterono riorganizzarsi sotto la guida di un loro Sultano Othman, o Osman I, e dal suo nome l’impero turco fu chiamato anche impero ottomano.

Dopo 26 anni di regno Osman I morì lasciando tutti i suoi possedimenti al figlio Orkhan, il quale riorganizzò l’esercito e nel  1329 fondò il corpo dei “Giannizzeri”. Questi erano ex cristiani, per la maggior parte slavi e greci, fatti convertire per forza alla religione maomettana. Dipendevano direttamente dal sultano e costituivano il Corpo di Guardia della “Sublime Porta”, così era chiamata la corte dell’impero turco.

Ad Orkhan succedette il figlio Murad I, che continuò la sua espansione nell’impero bizantino. Il primo stanziamento in Europa fu a Gallipoli nel 1534; poi nel 1360 occupò Adrianopoli, nella Tracia. Due anni dopo conquistava anche Sofia, in Bulgaria e nel 1386 entrava a Salonicco, in Grecia.

Sotto il regno del suo successore, Bajazet, i turchi si impadronirono di quasi tutta la Grecia, della Siria ed assediarono Costantinopoli. Poco tempo dopo Bajazet dovette fronteggiare un altro nemico che invase l’Anatolia: i tartari di Tamerlano. Il 20 luglio del 1402 nella battaglia di Ankara i turchi furono sconfitti ed il sultano dovette andare in esilio.Alla morte di Tamerlano l’impero dei tartari si dissolse con una certa facilità e nel 1413 i turchi invece si erano riuniti di nuovo sotto il sultano Maometto I che regnò fino al 1421. Il suo successore, Murad II, operò per il consolidamento di tutti i poteri del padre.

Nel 1451, alla morte di  Murad II, salì al trono il figlio Maometto II che regnò per 30 anni. Egli passò alla storia per le sue grandi vittorie militari; la sua più grande impresa fu la conquista di Costantinopoli nel 1453. Ciò pose fine all’impero bizantino.

A Maometto II successe Bajazet II che regnò fino al 1512, quando il figlio ribelle Selim lo depose. Selim I invase la Persia nel 1514 poi volse le sue attenzioni all’Egitto che conquistò due anni dopo.

Nel 1520 salì al trono il figlio di Selim, Solimano, detto il Magnifico, proprio perché fu il più grande fra tutti i sultani turchi. Egli guidò un potente esercito alla conquista della penisola balcanica. Nel 1521 occupava Belgrado; nel 1526 conquistava pure l’Ungheria. Poi le truppe del sultano si spinsero fin sotto le mura di Vienna. Inoltre condusse una campagna anche contro  la Persia; conquistò l’Armenia, la Mesopotamia e lo Yemen.

Poiché però ritenne importante avere anche una potenza marinara assoldò un corsaro, Kair Eddin II, che in breve conquistò Tunisi ed Algeri e rivolse anche minacce alle coste italiane.

Ma Solimano fu anche un sovrano saggio ed intelligente. Durante il suo regno fu costruita la grande moschea di Costantinopoli.
Alla sua morte gli successe il figlio Selim II che, pur continuando la sua opera, non fu mai abile come i suoi predecessori. Nel 1570 conquistò l’isola di Cipro, allora possedimento dei veneziani.A quel punto, alcuni stati cristiani, Venezia, la Spagna, la Chiesa ed il Ducato di Savoia, vista l’avanzata dei turchi, cominciarono a preoccuparsi. Così costituirono una lega ed inviarono una potente flotta a contrastare e distruggere quella ottomana. E nel 1571, nel Golfo di Corinto in Grecia, a Lepanto, fu combattuta una terribile battaglia, vinta dai cristiani. Pur tuttavia Cipro rimase in mano ai turchi.

Dopo la battaglia di Lepanto, però, l’impero turco cominciò a declinare. I sultani si occupavano poco dei loro doveri di sovrani e lasciavano in mano ai loro “vizir”, cioè i ministri, tutte le incombenze di governo. Cosicchè nacquero continue ribellioni fra i giannizzeri e nello  stesso palazzo del sultano.In questo periodo molti sultani furono  assassinati. Però l’impero ottomano continuò ad espandersi fino al 1682. Poi cominciò a perdere i possedimenti sia nella penisola balcanica che in Asia, specialmente ad opera della Russia. Nel periodo napoleonico gli ottomani subirono gravi sconfitte dai francesi in Egitto ed in Siria e quando alla morte di Napoleone vollero tentare di riprendere i possedimenti in Europa, furono contrastati dall’Austria e dalla Russia.

Iniziò il periodo dello sfacelo per l’impero ottomano. Nel 1821 scoppiò una rivolta in Grecia; questa fu aiutata da numerosi volontari giunti da molte parti dell’Europa e nel 1829, dopo ancora un’altra ribellione riuscì a conquistare l’indipendenza.
Nel 1853 scoppiò la guerra fra Russia e Turchia. Vi presero parte pure i francesi, gli inglesi, i bersaglieri piemontesi, inviati da  Cavour, e si concluse in Crimea con la resa di Sebastopoli.

Nel 1877, sconfitta in una guerra balcanica, la Turchia dovette concedere l’indipendenza alla Serbia ed alla Romania, poi dovette cedere alcuni territori alla Grecia, alla Russia ed all’Austria.

Nel 1911, con l’intento di conquistare una colonia sul Mediterraneo anche l’Italia ingaggiò una guerra contro la Turchia. Gli italiani sbarcarono a Tripoli ed all’isola di  Rodi. Sconfissero i turchi che dovettero cedere all’Italia la Libia e le isole del Dodecanneso, nel mare Egeo, col trattato di pace del 1912.

In questo stesso anno tutti i paesi balcanici si allearono contro la Turchia e la sconfissero. Essa perse tutti i possedimenti europei, tranne Costantinopoli e la Tracia.

Durante la prima guerra mondiale la Turchia si alleò con la Germania, l’Austria e l’Ungheria. Gli arabi, invece, ancora soggetti ai turchi, si allearono con i francesi e gli inglesi ed alla fine della guerra ebbero la loro indipendenza.

Nell’ottobre del 1918 la Turchia chiese l’armistizio e con il Trattato di Sevres dovette restituire la Siria e la Palestina agli Alleati.
Ma questo trattato non fu accettato dal generale turco Mustafà Kemal; egli si ribellò a questa decisione e rioccupò diverse regioni scacciando i greci dall’Anatolia. Kemal, chiamato dai suoi Ghazi, il vittorioso, ottenne un trattato più decoroso per la Turchia a Losanna nel 1923. Nello stesso anno fu proclamata la Repubblica Turca di cui Kemal, dopo aver cambiato il proprio nome in quello di Ataturk,  fu eletto Presidente. Subito ordinò delle riforme che iniziarono lo svecchiamento del paese. Le principali, fra queste riforme, furono: l’abolizione del fez e del turbante; la soppressione delle confraternite religiose; divieto della poligamia, introduzione della scrittura con caratteri latini.

In campo internazionale Ataturk strinse patti ed accordi con le potenze europee ed asiatiche. Propose diversi piani pluriennali per lo sviluppo e l’organizzazione dell’economia interna. In breve la Turchia occupò un posto notevole fra gli stati europei.

Nel 1938, alla morte improvvisa di Ataturk, venne eletto presidente Ismet Ineonu. Il suo governo si orientò subito verso la Gran Bretagna, la Francia e l’Unione Sovietica. In compenso ebbe dalla Francia il territorio del Sangiaccato di Alessandretta, cioè il  Paese degli Hittiti.

Nella seconda guerra mondiale si schierò con le potenze occidentali. Nel 1952/53 la Turchia perfezionò tutti i trattati di amicizia con la Jugoslavia e con la  Grecia e nello stesso anno l’Unione Sovietica rinunciò, a favore della Turchia, a Kars e Ardahan.

In quel periodo erano già presenti nel paese un partito conservatore antikemalista ed un partito democratico, il cui leader Celal Bayar nel 1950, era stato eletto Presidente della Repubblica, mentre premier era Adnan Menderes.

Pur continuando a seguire in linea di massima i principali concetti della politica di Ataturk, il nuovo governo apportò delle riforme per cui la lotta antireligiosa andò attenuandosi, fu autorizzata l’istruzione religiosa ed abrogata la legge marziale. Ed intanto si avviava un sistema pluripartitico. Nel 1954, alle elezioni tenute a maggio, oltre ai due principali partiti, quello democratico  che le vinse e quello repubblicano del popolo, si aggiunse come terza forza il Partito Repubblicano Nazionalista.

L’anno successivo nacque anche il Partito della Libertà, fondato da alcuni esponenti del partito democratico contrari a Menderes, che aveva imposto delle restrizioni per niente da loro accettate, come la limitazione della libertà di stampa, il varo di una legge che proibiva riunioni e manifestazioni politiche ed un’altra che toglieva ad alcuni deputati dell’opposizione l’immunità parlamentare.

Fino all’inizio degli anni sessanta la politica economica della Turchia fu liberista ma senza grandi risultati. Qualche successo si ottenne tramite gli aiuti degli Stati Uniti e della Germania di Bonn. La situazione economica era piuttosto disagiata.

Un colpo di stato dei militari il 27 maggio 1960 abbattè il governo di Menderes che fu arrestato, processato e giustiziato insieme ad alcuni  suoi collaboratori. Il 1961 fu l’anno in cui si istituì una Assemblea Costituente, si promulgò una nuova Costituzione e venne fondato il cosidetto  Partito della Giustizia che era una variante del partito di Menderes, risorto col nuovo nome. E questo partito vinse le elezioni del 15 ottobre.

I militari però imposero la formazione di un governo di coalizione e Presidente della Repubblica fu eletto il generale Cemal Gursel.

Tutti i capovolgimenti verificatisi nella politica turca non turbarono affatto la politica estera che fu sempre improntata ad un atteggiamento filo-occidentale, particolarmente filo-americano.

Nel conflitto coreano la Turchia fu presente quale membro delle Nazioni Unite. Poi si perfezionarono accordi anche con la Jugoslavia, nonostante la differente gestione politica di quel paese.

Con la Grecia si ebbero vari momenti di tensione a proposito di Cipro. Quest’isola, abitata per metà da greci e per metà da turchi, da tempo immemorabile era dilaniata da lotte intestine  poiché ciascuna  delle due etnìe proponeva l’accorpamento dell’isola alla propria madrepatria. La mediazione del governo inglese fu importante perché permise ai due stati di migliorare i loro rapporti finchè l’isola il 16 agosto 1960 proclamò la propria indipendenza ed il problema si esaurì da sé.

Il governo di coalizione, guidato da Inonu,  lavorò bene ed in  un piano quinquennale (1961/65) riuscì a realizzare un buon programma con:
- la regolarizzazione della legislatura per il diritto di sciopero, per i contratti collettivi di lavoro e la
   posizione dei sindacati;
- la progettazione di una ottimale riforma agraria;
- l’accordo di associazione alla Comunità Economica Europea;
- l’impegno di migliorare i rapporti con l’Unione Sovietica fino ad allora piuttosto tesi.

Le elezioni  politiche dell’11 ottobre 1965 assegnarono la maggioranza assoluta al Partito della Giustizia e S. Demirel, suo capo, potè costituire un governo monocolore. In  questo periodo un secondo piano quinquennale portò l’economia turca ad un buon livello. Contribuì a tutto questo anche un grosso finanziamento sovietico col quale si procedette a costruire grandi complessi industriali. Il governo Demirel fu confermato anche con  le elezioni del 1969.

Ma subito dopo le elezioni cominciò il suo sfaldamento poiché 41 deputati dello stesso partito si ritirarono dando vita  ad un altro partito che si chiamò Nuovo Partito Democratico, capeggiato da S. Bilgic. Perduta la sua forza politica, il paese entrò anche in recessione economica. Il forte aumento dell’inflazione, il sorgere di gruppi estremisti, scioperi, manifestazioni studentesche, occupazioni di terre e  di fabbriche, l’indebolimento del vecchio tradizionale sindacato “Turk-Is”, il nascere di una piccola centrale socialista, la Disk, tutto questo spinse i militari il 12 marzo 1971 ad intervenire di nuovo  nella politica.

Essi imposero un governo di unità nazionale presieduto da N. Erim, un ex repubblicano del popolo, con l’intento di ripristinare l’ordine.

Non solo ciò non avvenne ma anzi tutti i sovvertimenti, le manifestazioni, le lotte fra i gruppi estremisti di destra e di sinistra, si acutizzarono ed il 17 aprile 1972 il governo Erim cadde. Si rifecero le elezioni ed il 25 gennaio 1974 si ebbe un governo di coalizione che fu detto “contro natura” perché formato dal Partito Repubblicano del Popolo, laico, ed il Partito della Salvezza, che proponeva il ritorno della Turchia alle tradizioni islamiche. Come era prevedibile la coalizione durò ben poco. Dopo otto mesi era tutto da rifare. Allora il presidente della repubblica, F. Korukurk, in carica dal 1973, ripescò Demirel il quale, nel frattempo, aveva fondato un Fronte Nazionalista unendo tre partiti di destra, e con questo il 12 aprile 1975 ottenne dall’Assemblea  Nazionale la fiducia che poi fu rinnovata nel 1977. Con alcuni  ripetuti cambi  fra Ecevit e Demirel, con il governo di quest’ultimo si giunse alla fine del 1979.

Ancora una volta, il 12 settembre 1980, una giunta militare s’interpose e prese il potere nelle sue mani il generale Kenan Evren.
Dopo varie vicende si giunse ad avere nel novembre 1982 una nuova definitiva Costituzione che oltre ad affermare la fedeltà al nazionalismo di Ataturk, garantì la libertà ed i diritti dei cittadini, stabilì i poteri del presidente, il quale doveva rimanere in carica per soli 7 anni. Poi fu eletto presidente lo stesso Evren.

Nel maggio 1983 si organizzarono tutti i partiti politici che furono.
- il  Partito della Democrazia Nazionalista (Milliyetçi Demokrasi Partisi), o partito dei militari;
- il Partito della Madrepatria (Anavatan Partisi), di Turgut Ozal, di tendenze liberali;
- il Partito Populista (Halkçi Parti).

Le elezioni del 6 novembre 1983 furono vinte dal Partito della Madrepatria e Ozal potè portare avanti un programma economico liberista, che diede i suoi frutti, tanto che il predominio del suo partito fu aumentato con le amministrative del 1984.
E mentre all’interno Ozal dovette fronteggiare non poche lotte politiche con i suoi rivali, messi poi in minoranza, sul piano internazionale dovette cercare di superare dei contrasti veramente gravi.

Intanto si vide bocciare una prima volta la richiesta di ammissione alla Comunità Economica Europea perché il suo governo era accusato di violare i diritti umani degli armeni. A questo proposito, per chiarire la questione con gli altri capi di stato, visitò molti paesi dell’Europa, compresa l’Italia, ed il vicino Oriente. Poi ripetè la richiesta alla Comunità nel 1990 ma ottenne ancora un rifiuto, anche se detto “provvisorio”.

Fra il 1987 ed il 1988 firmò vari accordi commerciali e sociali con gli Stati Uniti, l’Unione Sovietica, la Jugoslavia ed i paesi balcanici.

Nel frattempo  Ozal aveva aperto all’islam e quindi si schierò dalla parte dei palestinesi e ne riconobbe lo stato.

Alla scadenza del suo mandato presidenziale Evren fu rilevato da Ozal ed egli, come premier, fu rilevato a sua volta da Yildirim Akbulut.

Ancora elezioni nel 1991 ed ancora un cambio di governo, che fu di coalizione e presieduto da Demirel. Poi quando Ozal il 7 aprile 1993 morì, Demirel fu eletto presidente della repubblica e premier divenne la signora Tansu  Ciller. E mentre l’economia turca cominciava a dare segni di risveglio e di miglioramento, un  altro grave problema impegnò seriamente il governo: quello del separatismo curdo. E poiché i curdi, spalleggiati da Iran, Siria ed Iraq, dal territorio di quest’ultimo paese facevano partire i  loro attacchi terroristici ed i guerriglieri, la Turchia, nel marzo 1995, con un esercito ben addestrato, diede inizio ad una operazione  a largo raggio, anche con mezzi corazzati, aerei ed artiglieria, andando a colpire  le basi sul territorio iracheno suscitando grandi proteste da parte di Bagdad.

Ma ci fu anche una recrudescenza di contrasti fra islamici e laici . Intervenne così una profonda frattura fra laici, sciiti e sunniti.
 
Elezioni anticipate si tennero nel dicembre 1995 ed il problema della governabilità si acuì in quanto nessuno dei partiti concorrenti ottenne la maggioranza assoluta. Quella relativa, però, era stata raggiunta dal Partito della Prosperità, di matrice islamica moderata, il cui leader N. Erbakan fu chiamato a costituire il governo.

Gli altri partiti, preoccupati dalla nascita di un eventuale governo islamico, anche se moderato, non si dichiararono disponibili alla coalizione ed allora la signora Ciller stabilì con Yilmaz, leader del Partito della Madrepatria, un avvicendamento, come premier, per dare finalmente un governo al paese. Ciò non durò a lungo, poiché già a maggio del 1996 Yilmaz, che stava esplicando il primo turno, non volle sostenere la signora Ciller che, nel frattempo, era stata accusata di corruzione (e poi nel gennaio 1997 riconosciuta innocente). La signora Ciller, per contropartita, tolse al governo il suo appoggio politico e Yilmaz, in minoranza, dovette dimettersi.

Nelle successive elezioni del giugno 1996 ebbe un notevole successo il partito di Erbakan che, quindi, fu incaricato di formare l’esecutivo.

Egli cercò, ed ottenne, l’alleanza con la signora Ciller ma questa sistemazione non soddisfece le altre forze politiche, preoccupate degli incerti  risultati che sicuramente questo governo misto di islam e di tendenze occidentali avrebbe sortito. Da altre parti si sostenne che con questo accomodamento la Turchia avrebbe rappresentato un esempio di come la coesione dei due principi potesse essere valida e quindi sostenuta.

Ma il Consiglio di Sicurezza Nazionale non fu di questa opinione e con una prova di forza, nel febbraio 1997, in risposta ad una manifestazione islamica, fece sfilare per le vie di Ankara una notevole quantità di carri armati.

L’ascesa dei militari volle significare l’intoccabilità dello Stato laico. Però, mentre la Turchia ribadiva la sua appartenenza alla NATO, nello stesso tempo conciliava anche le aperture ai paesi islamici ed, infatti, nonostante il veto statunitense,  firmò persino un  patto commerciale con l’Iran.

Alla fine del 1996 si scoprì che parte degli apparati statali era in combutta con la criminalità organizzata. Tutti i partiti oppositori, appoggiati dai militari, nei primi mesi del 1997 cercarono di mettere in minoranza il governo. Alla metà di giugno Erbakan lasciò l’incarico, sostituito da Yilmaz. Ma la situazione non migliorò. Nel gennaio 1998 la  Corte Costituzionale impose lo scioglimento del Partito della Prosperità per avere violato  la Costituzione ed avere tentato di sovrastare i principi laici dello Stato.

Una larga parte degli adepti di quel partito si riversò nel Partito della Virtù che, quindi, raggiunse la maggioranza parlamentare.
Poi Yilmaz, nel novembre 1998, con l’accusa di corruzione, fu destituito ed il governo, provvisoriamente, passò nelle mani del Partito Democratico di Sinistra, capeggiato da B. Ecevit.

Le elezioni legislative si svolsero nell’aprile del 1999 ed Ecevit raggiunse il 22,1% dei voti. Con questo risultato fu ancora premier ed organizzò un governo a tre in unione con il Partito Nazionalista d’Azione, di estrema destra, con il Partito della Madrepatria e con i Lupi Grigi, formazione capeggiata da D. Bahceli. E con quest’ultimo, come lui fermo oppositore dei curdi e fervente nazionalista, Yilmaz iniziò l’impresa governativa. E proprio la questione curda fu la principale spina nel fianco di questo governo.

La lotta che il Partito Curdo dei Lavoratori da tempo sosteneva contro la Turchia, già da tempo aveva acquistato le caratteristiche di una vera e propria guerra ed aveva catturato l’attenzione mondiale.

Il capo di questo partito, A. Ocalan, nel dicembre 1995 aveva anche ordinato alla sua organizzazione di deporre le armi per cercare di ottenere dalla Turchia qualche cenno di garanzie per il suo popolo.

Ma quando fu evidente che tutto ciò non sarebbe mai avvenuto, le ostilità ripresero e moltissime furono le vittime già nel 1996. Poi negli anni 1997 e 1998 la Turchia predispose potenti offensive militari combattendo i curdi nei luoghi dove essi si erano rifugiati e cioè in Iran, in Iraq ed in Siria.

Nell’agosto del 1998 i curdi applicarono una tregua, anche questa unilaterale, ed anche questa non venne considerata dalla Turchia.

Nel novembre di quello stesso anno Ocalan si rifugiò in Italia. Subito la Turchia  presentò la sua richiesta di estradizione precisando che ad un diniego avrebbe rotto i rapporti con l’Italia, specialmente sul piano commerciale. Ciò che l’Italia non poteva permettersi. Non volendo però consegnare Ocalan ad un paese che praticava la pena di morte, il governo italiano, mettendo alle strette Ocalan, lo indusse a lasciare il paese, nel gennaio del 1999.

Il mese dopo Ocalan fu arrestato mentre si trovava nell’ambasciata greca di Nairobi, nel Kenya. Il suo nascondiglio era stato scoperto dai servizi segreti turchi.

Immediatamente ripresero gli attentati terroristici ma intanto questo avvenimento aveva creato due diverse situazioni politiche. All’interno si verificò un consolidamento di tutti i partiti intransigenti verso i curdi. All’estero si ebbe un raffreddamento dei legami fra Turchia e Stati Uniti e la disapprovazione dei paesi aderenti all’Unione Europea, dai quali partiva la richiesta di un giusto processo per Ocalan. Argomento sul quale nutrivano seri dubbi.

Invece Ocalan fu regolarmente processato per alto tradimento e condannato a morte. Egli chiese clemenza dichiarando che avrebbe rinunciato per sempre alla lotta armata ed anzi che si sarebbe adoperato con tutti i mezzi per ristabilire la pace fra i due  popoli.

La sua condanna all’impiccagione procurò gioia all’interno del paese mentre  l’Unione Europea intercesse per il condannato. E siccome la Turchia da tempo aspettava di entrare a far parte di questa Unione, non volendo disattendere questa aspirazione e volendo raggiungere anche una certa intesa col popolo, nel gennaio 2000 accettò di sospendere l’esecuzione.

Questa, però, non doveva ritenersi annullata; sarebbe stata eseguita se, sia i curdi che la Corte Suprema, avessero tentato di avvalersi della situazione per sottrarre Ocalan alla giustizia turca.

L’ingresso della Turchia nell’Unione Europea fin lì era stato sempre ritardato perché nel paese si registravano troppi dati negativi, sia sul piano economico che sociale che politico.

Per il campo economico testimoniava il bassissimo livello di industrializzazione e di sviluppo, per cui, con la crescita demografica continua e con l’aumento della disoccupazione, si verificavano ampie fuoriuscite di lavoratori verso i vicini paesi più stabili e progrediti.

Per quello sociale c’erano: le condizioni disastrose dei  detenuti, l’assenza di libertà di opinione e di espressione, il ricorso alla tortura. E per quello politico, preoccupante era la presenza militare al governo.

Nel dicembre 1997 la Turchia non era stata ammessa all’Unione per cui ci fu un raffreddamento nelle loro relazioni. L’Unione Europea nel 1998 non fornì gli aiuti già  previsti ed anzi sollecitò il governo turco a dirimere proprio le questioni in sospeso sia relative ai curdi che quella dei diritti umani, totalmente ignorati.

Nonostante tutto nel dicembre 1999 era stata ripresa in considerazione la richiesta di adesione da parte della Turchia.
Fra i motivi principali del diniego europeo c’era anche quello relativo alla pena di morte che, però, sembrò di possibile soluzione.

Poi c’erano le tensioni con la Grecia sia per i territori occupati dai turchi a Cipro sia per la disputa sulle acque territoriali nell’Egeo.

Nel passato erano state intavolate delle trattative ma tutti i colloqui avuti non avevano dato alcun risultato. L’occasione per un disgelo si propose, incredibilmente, a seguito di una grave calamità, rappresentata dal terremoto del 17 agosto 1999 in cui persero la vita più di 15.000 persone. La Grecia fu tra i primi paesi a soccorrere la Turchia e ciò fu molto apprezzato dal governo; infatti nel gennaio 2000 i due paesi si accordarono per una cooperazione e per risolvere, nell’immediato futuro, tutti i problemi ancora esistenti.

In campo internazionale la Turchia, per tutti gli anni 90, si trovò in mezzo ad accordi o dispute, con tutti gli stati vicini.

Cercò un accordo di cooperazione militare con Israele e con ciò suscitò le rimostranze della Lega Araba. Pattuì accordi economici con l’Iran e poi con lo stesso paese si trovò in urto per la mancata introduzione nel paese della legge islamica. Con la Siria e l’Iraq intervennero i problemi dei curdi e dello sfruttamento delle acque del Tigri e dell’Eufrate.

Agli Stati Uniti la Turchia aveva concesso l’uso delle basi aeree turche per portare attacchi all’Iraq, con il quale poi operò una pacificazione in occasione della riapertura del comune oleodotto, chiuso nel 1990 al momento dell’invasione irachena del Kuwait.

Successivamente, quando i rapporti fra Iraq e Stati Uniti ebbero un nuovo e più forte raffreddamento, la Turchia rifiutò agli statunitensi l’uso delle proprie basi aeree.