SIERRA LEONE

Storia

La penisola della Sierra Leone fu venduta nel 1788 da un re indigeno all’Inghilterra, e quindi divenne subito colonia e protettorato inglese.  La vendita era stata fatta con uno scopo ben preciso, quello di dare rifugio agli africani senza patria ed agli schiavi liberati.

Come colonia della Corona britannica ebbe un governatore incaricato di nominare un Consiglio esecutivo assistito da un Consiglio legislativo. La legge inglese si applicò con le modifiche richieste dalla situazione ambientale. La colonia fu divisa in due provincie ciascuna presieduta da un commissario europeo. Ogni commissario ebbe l’incarico di dirimere tutte le questioni di una certa rilevanza lasciando quelle di minore peso ai capi indigeni, possessori di appositi tribunali.

La colonizzazione iniziò e, dopo una serie di fallimenti, nel 1791 si costituì una compagnìa che nel 1807 cedette tutti i diritti alla Corona inglese. Nel 1872 anche la regione di Falaba passò sotto protettorato inglese.

Nel 1898 ci fu una ribellione degli indigeni contro gli inglesi, ma anche contro gli africani europeizzati; fu domata e tutto tornò sotto controllo.

Nel 1904 le isole Los furono cedute alla Francia. Lo sviluppo dell’esplorazione portò nel 1926 alla scoperta di alcuni giacimenti di platino, di ematite e di oro, e se ne avviò subito lo sfruttamento. La zona degli altipiani interni risultò la più ricca di minerali, specialmente diamanti.

Alla fine della seconda guerra mondiale la Gran Bretagna iniziò in tutte le sue colonie africane una politica di preparazione all’autonomia e lo fece a tappe nel 1946, nel 1951 e nel 1956. L’intento era quello di formare stati a se stanti ma sempre membri del Commonwealth. Questo avvenne pure in Sierra Leone e nel 1958 si costituì un “Ordine del Consiglio” che portò il Consiglio Esecutivo ad essere formato interamente da africani (1 premier e 7 ministri).

L’Assemblea dei rappresentanti si formò con 51 membri eletti più 2 nominati dal governatore. Piano piano molte vertenze prima sottoposte al giudizio del governatore, passarono nelle mani dei commissari  distrettuali indigeni, e ciò per abituare gli africani ad assumersi intanto le responsabilità  amministrative, che sarebbero poi state seguite da quelle politiche.

Il 16 marzo 1961 il premier britannico  accolse nel Commonwealth la Sierra Leone come membro indipendente, a partire dal successivo 27 aprile. Nell’ottobre dello stesso anno anche le Nazioni Unite promossero l’ammissione della Sierra Leone.

Il governo del giovane stato fu, all’atto della sua indipendenza, retto da una coalizione, “United Front”, presieduta dal conservatore M. Margai, esponente del “Sierra Leone People’s Party”: governatore generale come rappresentante della Corona britannica, e quindi capo dello stato, fu l’africano H. Lightfoot-Boston, mentre l’opposizione fu alla guida di S. Stevens, capo dell’”All People’s Congress”.

Nel 1964 alla morte di Margai, il governo passò nelle mani del fratello Albert  con risultati disastrosi, in quanto egli applicò un regime totalitario ed inefficiente, e ciò fece lievitare il partito d’opposizione. E nelle elezioni del marzo 1967 il partito di governo perse la maggioranza e mentre Stevens si apprestava ad assumere il potere, si verificò un colpo di stato militare promosso da D. Lansana. I partiti furono aboliti, la Costituzione fu sospesa; ne nacque il”Consiglio Nazionale Riformatore” capeggiato dal colonnello T. A. Juxson-Smith, che assunse l’incarico con la promessa di restaurare in breve tempo il governo civile. Non essendosi ciò verificato ancora nel 1968,  un altro comando militare intervenne e mise Stevens nelle condizioni di formare il governo. Quindi il “Sierra Leone People’s Party” passò all’opposizione.

Contrasti, disordini, antagonismi tribali e regresso nella economia furono le componenti per dichiarare lo stato d’emergenza, che iniziò nel novembre 1968 e si chiuse nel febbraio 1969. Nel 1970 ritornarono le  difficoltà, si formò un altro partito di opposizione, l’”Union Democratic Party” che ebbe vita breve e poi ancora si tornò allo stato d’emergenza.

Dopo alcuni colpi di stato ed attentati falliti, il 19 aprile 1971 fu proclamata la Repubblica, Stevens presidente, S. I. Koroma premier, capitale Freetown.

Alle elezioni del maggio 1973 partecipò il partito di Stevens come partito unico. Fu portata una variazione alla Costituzione, per cui la carica di Koroma fu divisa in due parti: quella di vice-presidente e quella di primo ministro, ed egli mantenne la prima per poter poi eventualmente succedere al presidente. Tenne però anche il Dicastero delle Finanze. Primo Ministro divenne C. A. Kamara.

Le elezioni del 1977 furono vinte dall’All People’ Congress e nel marzo 1978 fu dichiarato partito unico, sotto la cui ala confluirono, al  governo di unità nazionale, anche esponenti di altri settori.

Per la politica estera, alla fine degli anni 70, la Sierra Leone, dopo aver abbandonato la sua ideologia filo-occidentale, strinse rapporti di amicizia e di cooperazione con i paesi comunisti. Prima fra tutti la Cina popolare che si impegnò a costruire opere pubbliche e ad elargire aiuti; poi la Libia che divenne il principale fornitore di petrolio e la Liberia.

Ma sopraggiunsero anni di instabilità e disordini. Nel 1981 fu nuovamente necessario ricorrere allo stato d’emergenza che durò fino al 1985, quando Stevens si dimise. (Morì nel 1989). Nel ritirarsi dalla politica egli, disattendendo le aspettative del vice-presidente, nominò quale suo successore il generale J. S. Momoh, che fu eletto presidente nell’ottobre 1985 a suffragio universale ed entrò in carica a novembre. Pur essendo militare, formò un governo tutto di civili.

Nel 1987 ci fu un tentativo di colpo di stato ad opera del vice-presidente F. Minah, che fu condannato a morte.

Nel 1991 fu introdotto il multipartitismo. Il 30 aprile 1992 ancora un colpo  di stato di giovani ufficiali fu elaborato dal capitano V. E. M. Strasser. Il potere fu assunto da un Consiglio  Supremo dello Stato e da un Consiglio di Segretari di Stato, misti tra civili e militari. Strasser nel 1993, formando il nuovo governo, ha promesso il ritorno alla democrazia entro tre anni.
 
Ma ciò non si verificò perché il paese continuò ad essere dilaniato da violenze di ogni tipo. Strasser dovette combattere contro il Fronte Unito Rivoluzionario, che dopo aver sostenuto la guerra civile accanto ai guerriglieri liberiani nel loro paese, ora stava turbando la vita politica in casa propria, con molte azioni delittuose, fra cui il saccheggio delle miniere di diamanti, unica vera fonte di ricchezza della Sierra Leone.

Questi ribelli, nel corso della prima metà del 1995, erano pericolosamente avanzati fino a pochi chilometri dalla capitale. Moltissimi abitanti abbandonarono le loro case e fuggirono ma molti altri subirono una vera e propria strage.

Nel giugno del 1995 le forze armate del paese, insieme ad un certo numero di mercenari sudafricani ed alle forze militari nigeriane e guineane, sferrarono un forte contrattacco e riuscirono a debellare i guerriglieri ed a ricacciarli nelle zone di confine con la Liberia.

Alla fine di quello stesso mese Strasser annunciò le prime importanti iniziative di governo. Innanzi tutto autorizzò la ricostituzione dei partiti politici a suo tempo soppressi; poi annunciò che per il febbraio 1996 si sarebbero svolte le elezioni sia presidenziali che legislative. Ma era destino che egli non dovesse riuscire a vedere il completamento delle sue azioni perché nel gennaio 1996 fu destituito da una operazione eseguita da quella parte delle forze armate a lui ostili. Il suo successore, il generale J. Maada, pur in mezzo ad un clima piuttosto turbolento, fece eseguire le consultazioni.

Quelle legislative assegnarono la vittoria al Partito del Popolo della Sierra Leone, il cui leader,A.T. Kabbah, fu eletto Presidente della Repubblica.

I civili ritornarono quindi al governo ma non ebbero vita facile. I colloqui intrapresi con i ribelli incontrarono molti contrasti; tutti furono però d’accordo nel voler tornare alla normalità, dopo che la guerra civile era costata al paese la morte di 10.000 persone ed 1 milione di profughi. Quindi, in Costa d’Avorio, ad Abidijan, nel novembre 1996 furono siglati gli accordi di pace.Ma il cammino verso la tanto agognata pace non fu del tutto tranquillo. Nei primi mesi del 1997 sorsero altre tensioni; ci fu un colpo di stato che depose Kabbah ed installò al governo il maggiore J. P. Koroma, appoggiato dai ribelli.

Egli formò un nuovo governo che fu posto sotto una continua pressione da parte di forze nigeriane appartenenti alla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale. Ricominciò la guerra; queste forze, fra la fine del 1997 e l’inizio del 1998, bombardarono spesso l’aeroporto, il porto e la città di Freetown, e si apprestarono a sferrare  un ultimo micidiale attacco a febbraio. E con questo spodestarono Koroma e reinsediarono al potere Kabbah.

Ma non finì qui. Le milizie fedeli a Koroma, unite alle forze del Fronte Unito Rivoluzionario, ripresero la guerra e nel corso del 1998 si avvicinarono pericolosamente alla capitale. Si macchiarono anche di varie nefandezze, come stragi, mutilazioni e stupri, operati dai ribelli sulle popolazioni inermi. Il 7 luglio 1999 a Lomè, nel Togo, Kabbah ed il capo dei ribelli, Foday Sankoh, firmarono una tregua. Questa non fu rispettata e nel maggio 2000 i ribelli catturarono circa 500 Caschi Blu delle Nazioni Unite, presenti nel paese per una missione di pace.