RUANDA

Storia

Verso il XV secolo dall’Altipiano etiopico molte tribù  di pastori, cacciate dagli Abissini, emigrarono verso il sud.
Attraversarono le steppe che si stendono ad ovest del Lago Vittoria, percorsero la valle del fiume Kagera e salirono sugli altipiani che si stendono fra i laghi Kivu e Tanganica. Sugli altipascoli i pastori trovarono un ambiente  ideale per le loro mandrie e vi si stanziarono.

Essi, rappresentanti di tre stirpi, i Batua, i Bahutu ed i Vatussi, giunsero nel paese in tempi diversi; arrivarono prima i Batua e poi gli altri. I Batua, veri e propri pigmei per la bassa statura, furono i più primitivi e vissero essenzialmente di caccia e di pesca. Quelli che riuscirono ad evolversi si dedicarono alla fabbricazione dei vasi.

Dal X al XV secolo arrivarono i Bahutu; abbatterono gran parte delle foreste per coltivare le terre; furono molto amanti della giustizia e odiarono gli ignoranti,  selvaggi e violenti Batua.

Poi  fu la volta degli altissimi Vatussi, dalla incerta origine, che, forti ed astuti, dominarono per secoli il territorio imponendo le loro usanze. Sotto di loro sorsero i due regni del Ruanda e dell’Urundi.

Solo verso la fine del 1800  questo territorio formò oggetto di esplorazione da parte degli europei, primi fra tutti i tedeschi, ed infatti entrò subito a far parte dell’Africa Orientale Tedesca. Ma durante la prima guerra mondiale fu occupato dal Belgio che poi lo ebbe, come mandato, dalla Società delle Nazioni nel 1919. Furono poi le Nazioni Unite nel 1946 che lo assunsero in mandato, ma l’amministrazione fiduciaria rimase ai belgi. Questi ultimi dovettero procedere molto cautamente poiché i fieri Vatussi non si sottomisero mai all’amministrazione  fiduciaria belga.

Un governatore esercitava il potere con l’assistenza di un Consiglio, cui partecipavano i due re del Ruanda e dell’Urundi. Con l’arrivo dei bianchi iniziò nel paese lo sfruttamento del terreno. Furono compiute grandiose opere di rimboschimento, di canalizzazione e prosciugamento di zone paludose. I belgi insegnarono agli indigeni i più efficaci sistemi di coltivazione ed introdussero estese coltivazioni di caffè e cotone in tutto il territorio. Anche l’allevamento fu molto migliorato. Ed in molte zone del paese furono costruite molte strade e cittadine ricche di attività. La separazione dei due stati avvenne nel 1961 e l’indipendenza fu loro concessa il 1° luglio 1962.  I due stati si chiamarono Burundi e Ruanda.

Dopo la scissione dall’Urundi, nel territorio si instaurò un governo provvisorio, formato da sei Ruandesi (Hutu) e due belgi e presieduto da G. Kayibanda, e nel gennaio 1961 fu proclamata la Repubblica.

L’ONU impose un referendum per ratificare questa Repubblica e, in seguito al positivo risultato, la riconobbe. Il 1° luglio 1962 fu completamente indipendente ma si trovò subito ad affrontare una situazione di guerriglia, portata avanti dai fuoriusciti dissidenti di etnia Tutsi, che in tutti i modi provarono a restaurare la monarchia.

Nel 1963 una dura repressione pose fine alla guerriglia e nel 1965 Kayibanda fu confermato presidente. Tutti i seggi dell'Assemblea Nazionale furono appannaggio del “Movimento Democratico Repubblicano o Parmehutu” e nel 1969 si raggiunse la pacificazione nazionale.

Relativamente alla politica estera, il Ruanda ebbe stretti rapporti con i paesi africani francofoni e con gli stati occidentali.
Ma la tensione fra le varie etnie, specialmente quella Hutu del nord, il 5 luglio 1973 provocò un colpo di stato militare, condotto dal generale J. Habyarimana, che capeggiò un "Comitato per la Pace e l’Unità Nazionali”.

Disciolti sia il "Parmehutu" che l’Assemblea Nazionale, Habyarimana rafforzò i poteri dell’amministrazione centrale, abbandonò il nazionalismo economico ed intraprese un processo di pacificazione fra Hutu e Tutsi.

Nel 1975 fu fondato il “Movimento Rivoluzionario per lo Sviluppo”; furono raggiunti accordi internazionali per la collaborazione con lo Zaire, la Tanzania ed il Burundi.

Con lo Zaire ed il Burundi si formò, nell’aprile del 1976, la “Comunità Economica dei Paesi dei Grandi Laghi”; questa comprese pure il Belgio, la Francia e l’Italia, ed anche altri paesi arabi ed asiatici. Nel 1973 Habyarimana fu riconfermato nella carica e varò un progetto per ripristinare il governo Costituzionale.

Con la “Terza Repubblica” si poté contare su una certa stabilità politica. Non fu così, però, per quella economica, poiché tra il 1982 ed il 1983 decine di migliaia di ruandesi, già residenti in Uganda, rientrarono in patria, creando gravi problemi alla già preoccupante sovrappopolazione. E poiché questo afflusso continuò fino al 1988, anche dal Burundi, l’anno dopo i due presidenti, del Ruanda e del Burundi, si incontrarono per mettere a punto un piano di stabilizzazione delle aree di frontiera, e di cooperazione economica.

Nel 1990 il paese fu colpito da un’altra grave crisi, sempre a causa di azioni di guerriglia condotte dai rifugiati Tutsi residenti in Uganda e componenti il “Fronte Patriottico Ruandese".

Habyarimana, nell'agosto del 1993, dopo vani tentativi di far cessare la lotta, stabilì con il "Fronte" un accordo per la formazione di un governo di transizione, con la partecipazione del “Fronte" stesso.

Ma la situazione precipitò quando il 6 aprile 1994 l'aereo che riportava in patria il presidente esplose in volo. La sua milizia, immediatamente, operò un massacro senza precedenti, uccidendo esponenti dei partiti oppositori, rappresentanti dell’ONU e Tutsi.

I morti furono più di 500.000. L’ONU assegnò alla Francia il compito di una operazione militare al fine di stabilire in Ruanda una zona di sicurezza.

Il 9 luglio 1994 fu formato un governo provvisorio guidato da due leaders Hutu moderati e da P. Kagame, capo del “Fronte” che assunse sia la carica di vice-presidente che quella di Ministro della Difesa.
 
Ma la pacificazione nazionale non si raggiunse. Anzi, continuò la guerra fra l’Armata Patriottica Ruandese, l’esercito regolare ed i gruppi hutu armati. Si contarono migliaia di morti: un vero genocidio.

Poi, con l’apparente scopo di dare la caccia a quei guerriglieri hutu che si erano resi  responsabili di quel genocidio il Ruanda affiancò i ribelli che avevano scatenato la guerra civile nel Congo (ex Zaire), dove gli hutu si erano ritirati. In realtà le mire erano diverse poiché il Ruanda voleva espandere il suo dominio nelle regioni orientali del Congo.

In ogni modo, in questa circostanza molti ruandesi-hutu furono massacrati e di molti altri si persero le tracce.
Il governo ruandese, oltre all’arduo compito di assicurare alla giustizia gli hutu responsabili del genocidio, si trovò di fronte a mille altre difficoltà di ordine economico, di non facile soluzione.

Ed intanto le Nazioni Unite istituivano un Tribunale speciale in Tanzania, con sede ad Arusha. Nel settembre 1998 questo Tribunale emise una prima sentenza a carico di J. P. Taba, che fu condannato all’ergastolo. Pochi giorni dopo un altro responsabile ebbe l’ergastolo e fu l’ex premier ruandese J. Kambanda. In precedenza, però, nell’aprile del 1998 le autorità ruandesi avevano sentenziato la morte per 22 persone sospettate di genocidio, e questo aveva provocato le proteste di molti stati poiché, fu dichiarato, non era stata garantita la necessaria difesa agli imputati.

All’interno del paese, intanto, ogni attività politica sembrò ristagnare ed il governo di transizione, formatosi già dal 1994, ebbe una proroga fino al giugno 1999.  Il Fronte Patriottico Ruandese, che rappresentava di più i vertici del governo, aveva sentenziato che, per la persistente immaturità, non si erano ancora raggiunti i tempi per allestire alcuna  forma di consultazione elettorale.

Alla fine del 1999 le Nazioni Unite emisero un comunicato col quale denunciavano l’insufficiente attenzione sugli avvenimenti di Ruanda dei paesi membri. In alcuni casi, anzi, era stata evidente la totale assenza di interesse, in particolare ci si riferiva agli Stati Uniti. In questo comunicato venivano mosse aspre critiche a tutti i paesi rappresentanti la gerarchia delle Nazioni Unite, e questi paesi non solo avevano ignorato gli avvertimenti su ciò che in quel paese stava accadendo, ma che addirittura avevano ridimensionato il numero delle presenze militari sul territorio da 25.000 unità a poche centinaia, abbandonando così la popolazione ad un tragico destino. E quando il genocidio era ormai un fatto compiuto, le stesse forze militari erano state nuovamente inviate, naturalmente inutili.

Nell’aprile 2000, da quando il Ruanda aveva proclamato la sua indipendenza, e cioè a circa 40 anni di distanza, divenne per la prima volta Presidente un Tutsi, P. Kagane, l’uomo forte del paese.