POLONIA

Storia

Dal 970 dopo Cristo fino all’ultima guerra mondiale, la Polonia fu sempre costretta a combattere  per difendere la propria libertà dalle mire di due potenti nemici: la Russia e la Germania.

All’inizio dell’VIII secolo dopo Cristo in Polonia abitarono molte tribù, diverse tra loro, la più importante delle quali fu quella dei Poloni, da cui appunto derivò il nome. Le condizioni di vita erano piuttosto misere; le tribù vivevano allora di caccia e di pesca ed appena appena faceva capolino l’agricoltura. Fino al IX secolo la religione fu il paganesimo, ma poi arrivò il Cristianesimo ad opera di un missionario: San Metodio. Nel secolo successivo, fra le tante famiglie delle tribù, una divenne più potente, quella che diede inizio alla dinastìa dei Piasti.

Il primo re di Polonia fu  Mieszko I, che si trovò subito a fronteggiare i tedeschi per difendere il territorio. Per lo stesso motivo dopo fu costretto a combattere contro i russi. Ed a questi ultimi il re dovette cedere parte delle sue terre, quelle orientali.

Alla morte di questo re subito si accesero le lotte per la successione. Il regno fu allora diviso in tanti Ducati e poi, nel XII secolo, fu assoggettato all’impero tedesco da Federico Barbarossa.

Nel 1386 l’ultima pretendente al trono dei Piasti, la regina Edvige, sposò Jagellone di Lituania, paese situato ad oriente della Polonia, e la dinastìa degli Jagelloni governò la Polonia per due secoli. I sovrani di questa casa furono tutti impegnati nelle guerre contro i soliti nemici. E con buoni risultati; memorabile la battaglia di Orca, in Lituania, dove i russi furono sonoramente battuti.
Gli Jagelloni, tra l’altro, si occuparono molto dell’istruzione del paese e ad essi si deve l’importanza dell’università di Cracovia, dove studiò il grande scienziato Copernico.

Alla morte dell’ultimo re della dinastìa degli Jagelloni, Sigismondo Augusto, iniziò un periodo di gravi disordini. Fino ad allora tutti i sovrani erano stati eletti dalla nobiltà; ma alla fine del 1500 il popolo polacco scelse come re Sigismondo Vasa III, nativo della Svezia, che aveva sposato l’ultima discendente degli Jagelloni.

Ed in questo periodo si fece avanti un altro nemico della Polonia, la Turchia, che si era già da tempo impossessata di alcuni porti sul Mar Nero, per togliere qualsiasi accesso al mare alla Polonia. Iniziò la penetrazione dei turchi nell’interno del paese.

Sigismondo III lottò con tutto il suo popolo contro i turchi ma lo strapotere dei nemici alla fine ebbe la meglio ed i turchi  arrivarono a Varsavia, capitale. Ed a questo punto, quando tutto ormai sembrava perduto, sorse un valorosissimo guerriero, Giovanni Sobieski; egli si mise alla testa dell’esercito polacco ed iniziò la controffensiva. Dal 1672 al 1696, anno in cui Sobieski morì, i polacchi combatterono strenuamente contro i turchi che, alla fine, furono costretti ad abbandonare il territorio.

Ma dal 1697 al 1763 un altro periodo  di lotte si aprì per la Polonia e non più solo contro i tedeschi ed i russi, nemici tradizionali; ad essi si aggiunsero gli svedesi ed i prussiani. Nel 1772 la Polonia fu costretta a cedere alla Russia un terzo del suo territorio. Poi venne un periodo di tregua, poiché la Russia dovette impiegare le sue forze in una guerra contro i turchi.

Completata questa guerra la Russia avanzò ancora in territorio polacco con un altro poderoso esercito che sconfisse l’esiguo, seppur valoroso, esercito polacco, che fu costretto a cedere ancora terre in modo che nel 1793 la Russia occupava la metà del territorio della Polonia. Le condizioni di pace furono durissime ed allora il popolo polacco insorse al comando del generale Kosciuszko. Per domare la rivolta la Russia si alleò con la Prussia; la Polonia, alla fine di questa nuova guerra, fatto prigioniero il generale Kosciuszko nel 1794, fu costretta a cedere ai vincitori tutti i territori che ancora le restavano.

Nel  secolo successivo i polacchi tentarono, ma inutilmente, di sollevarsi contro le dure dominazioni straniere. Dovette arrivare la prima guerra mondiale per restituire alla Polonia la sua indipendenza. Mentre in Russia scoppiava la rivoluzione contro gli zar, l’Austria e la Germania occuparono la Polonia. Ma la guerra fu nefasta a queste due nazioni che, sconfitte, dovettero abbandonare tutti i territori occupati. Il Trattato di Versailles del 1919 restituì alla Polonia tutte le sue terre ed anzi consentì che si servisse dell’importante città di Danzica come sbocco al mare. Questo “corridoio”, creato per l’accesso della Polonia al Mar Baltico, fu la causa dello scoppio della seconda guerra mondiale, iniziata dalla Germania nazista di Hitler, proprio per impadronirsi della città di Danzica. Era il 1939 ed anche la Russia scese in guerra ed invase le provincie orientali della Polonia. Alla fine della seconda guerra mondiale la Polonia si trovò occupata dai russi.

Fino ad allora la Polonia aveva mantenuto uno stato politico di equilibrio senza legarsi a nessuna delle due nazioni confinanti, ossia l’Unione Sovietica e la Germania. E, pur tenendo fede a questo principio, aveva però operato un avvicinamento alla Germania in concomitanza di un raffreddamento verso l’Unione Sovietica. Inoltre, sempre per rimanere al di fuori di ogni blocco, non aveva mai assunto nei riguardi della Germania situazioni impegnative ed anzi aveva anche disilluso la richiesta di entrare a far parte dell’intesa  Berlino-Roma-Tokio.

Quando il 12 marzo 1938 l’Austria si unì alla Germania, la Polonia respirò di sollievo pensando che le mire espansionistiche tedesche si sarebbero rivolte lì anziché verso Varsavia. E potè, quindi, dedicarsi di più ai contrasti che aveva con la Lituania, la quale rivendicava sempre il possesso della sua capitale, Wilno, che invece nel 1920 era stata incamerata nel territorio polacco.

E quando nel 1938 alla frontiera si erano verificati degli incidenti, la Polonia aveva chiesto alla Lituania di ripristinare ed anche migliorare i  loro rapporti. Ciò infatti avvenne e da quel lato la questione potè ritenersi conclusa. Ne nacque, però, un’altra e questa volta con la Cecoslovacchia, con la quale Hitler aveva cercato di forzare la mano per trovare punti di incontro per le proprie aspirazioni espansionistiche. Questa volta la Polonia si schierò dalla parte della Germania sperando di riuscire a risolvere il problema dell’appartenenza dell’ex principato di Tesin, che ognuno dei due stati reclamava, mentre la Germania chiedeva alla Cecoslovacchia la sistemazione delle minoranze nazionali entro quella repubblica. E mentre dopo un breve ultimatum, il 30 settembre 1938 la Germania invadeva la Cecoslovacchia, la Polonia si fece di nuovo avanti per la sistemazione della sua vertenza. La Cecoslovacchia, allora, presa tra due fuochi, aderì alla richiesta polacca impegnandosi a restituire i territori entro il 1° ottobre.

Così soddisfatta, la Polonia cominciò a contrastare Hitler per ciò che riguardava  le pretese ungheresi sulla Slovacchia  e sulla Rutenia Subcarpatica. Tutto ciò inasprì i rapporti  con l’Unione Sovietica. Nel gennaio 1939 il premier polacco Beck si incontrò in Germania con Hitler; invitò von Ribbentropp, Ministro degli Esteri tedesco, a Varsavia ed a febbraio riconobbe il governo franchista in Spagna. Contemporaneamente firmò un accordo  commerciale con l’Unione Sovietica. L’attività diplomatica di Beck continuò con una sua visita ufficiale a Londra; poi col ricevere una visita a Varsavia del Ministro degli Esteri italiano, conte Galeazzo Ciano, dichiarando la solidarietà polacca al governo italiano.

Quando nel marzo 1939 si verificò la seconda crisi tedesco-cecoslovacca, la Polonia cominciò a sentirsi mancare il terreno sotto i piedi, e cercò un riavvicinamento alla Gran Bretagna.

La Germania avanzò la richiesta di rinuncia  da parte di Varsavia al famoso “corridoio di Danzica”, ed ottenuto un rifiuto, il 1° settembre 1939 invase la Polonia.

Nulla si potè contro lo strapotere dei nazisti ed il 17 settembre la Polonia giunse allo stremo della resistenza , mentre nello stesso giorno anche le truppe sovietiche entravano in territorio polacco. E sempre nello stesso giorno il presidente della repubblica Ignacy Moscicki, con tutto il governo, riparò in Romania. A Parigi, intanto, il generale polacco emigrato Wladyslaw Sikorski assunse la carica di capo del governo in esilio e come tale organizzò le unità militari  polacche di resistenza.

L’Unione Sovietica e la Germania intanto si erano attestate nei territori pattuiti in precedenza. Mosca concordò un patto con la Lituania alla quale restituì Wilno capitale; ciò che provocò la protesta del ministro degli esteri polacco emigrato Zaleski.

L’anno 1939 si concluse con l’inizio dei massacri e delle fucilazioni in massa. Negli anni seguenti ci furono gli stermini nei tristemente famosi campi di concentramento di Auschwitz, Treblinka, Sobibor, Chelmno, Majdanek,  Belzec, di milioni di ebrei. E si continuò fino alla fine della guerra con la fucilazione dei bambini e l’annientamento delle persone nei forni crmatori. La ferocia inaudita dei nazisti non finiva mai di mietere le sue vittime.

Intanto le forze polacche riunite da Sikorski combatterono sul suolo di Francia fino alla capitolazione di Parigi. Poi insieme al governo in esilio si  trasferirono a Londra.

Nel gennaio intanto già in Polonia agivano 127 organizzazioni militari che, piano piano, andarono perfezionandosi nella loro attività antitedesca.

Poi a Londra il 30 luglio si concluse un accordo russo-polacco per il  distaccamento di un esercito di liberazione in territorio sovietico, allorchè, al di là dei patti precedenti, l’Unione Sovietica iniziò la sua guerra contro la Germania.

Dura e piena di avvenimenti funesti fu questa guerra  che superò per disastri e nefandezze varie qualsiasi immaginazione. Il  generale Sikorski perì in un incidente aereo nei pressi di Gibilterra il 4 luglio 1943. Il suo successore come primo ministro fu Stanislaw Mikolajczyk, e come comandante militare fu il generale Sosnkowski.

La guerra proseguì ma lo strapotere germanico finì. La Germania rimase sola a combattere su tutti i fronti, incalzata da nemici molto più tecnici, attivi e potenti. La Polonia pagò un grande tributo a questa demenza: i sopravvissuti di Varsavia nel novembre 1943 furono deportati e la città fu completamente distrutta. Il paese, con l’arrivo delle truppe sovietiche, fu liberato in ben tristi condizioni. E quando la guerra finalmente finì, alla Conferenza di Jalta, del 12 febbraio 1947, cui parteciparono i Grandi delle tre potenze. Stati Uniti, Gran Bretagna ed Unione Sovietica, si stabilì per la Polonia la creazione di  un governo nazionale, già richiesto anche a Londra dal premier Milolajczyk, in collaborazione col Comitato di Lublino. Ciò però non fu accettato dal suo governo ed egli, allora, il 24 novembre 1944, rassegnò le dimissioni ed il 30 novembre, sempre a Londra, subentrò nel governo Tomasz Arciszewski.

Il 9 maggio 1945, dopo la capitolazione della Germania, il governo provvisorio polacco cominciò a studiare la composizione del futuro governo di unità nazionale. Presidente del Consaiglio fu Edward Osobka-Morawski, vice presidente Mikolajczyk. Nel mese di  luglio 1945, il 5, dapprima il governo polacco ebbe il riconoscimento delle grandi potenze e poi il 16 inviò una delegazione a Potsdam dove si discussero i nuovi confini polacchi. Non molte furono le variazioni ma Wilno tornò alla Repubblica Sovietica di Lituania e Leopoli a quella Ucraina. La frontiera con la Cecoslovacchia fu ripristinata come nel 1938. Dopo di che la Polonia dovette affrontare non pochi e difficilissimi problemi della ricostruzione. Si dovettero di nuovo creare le città ed i porti, le stazioni, le industrie leggere e pesanti, gli istituti di istruzione, il sistema dei traspoti e risanare ex novo l’agricoltura. Un lavoro immane. Nel gennaio 1946 passarono sotto la proprietà dello stato le banche, le miniere, la grande e media industria.

In politica si rivelò subito la presenza di due blocchi contrapposti: il Partito Contadino da unaparte ed i Partiti Comunista e Socialista dall’altra. Per il 18-19 gennaio 1947 vennero indette le elezioni. Il partito contadino fu sconfitto. Il 4 febbraio si riunì per la prima volta il nuovo Parlamento che elesse a Presidente della Repubblica il capo del Consiglio Nazionale Boleslan Bierut che, dopo aver ricevuto le dimissioni del governo di Unità Nazionale, affidò  l’incarico di formare il nuovo governo al segretario generale del partito socialista Jozef Cyrankiewicz. I socialisti ed i comunisti insieme, oltre che nel governo, furono decisamente uniti per il potere operaio.

La Polonia, pur non essendo stata ancora fagocitata nel modello  sovietico, certo andò mano mano assomigliando a quel paese, prendendo via via le distanze dal mondo occidentale. Ed in questo sistema di “democrazia popolare” l’opposizione contadina fu sempre più fievole ed inascoltata. Finchè nell’ottobre  1947 il suo leader  Mikolajczyk fuggì clandestinamente all’estero ed il partito contadino, abbandonato a se stesso, non seppe fare di meglio che accordarsi con i partiti di governo.

Si creò quindi il partito unico che diede l’avvìo a riforme basilari sul piano dell’economia, specialmente agricola, strutturata sul socialismo integrale. In politica estera la Polonia si andò sempre più avvicinando ai paesi dell’Europa orientale ed alla piena collaborazione con l’Unione Sovietica dalla quale ebbe prestiti notevoli ed anche un importante sostegno nel momento in cui in Gran Bretagna si decideva di rivedere e correggere alcune deliberazioni riguardanti la Germania alla fine della guerra. Un certo sostegno la Polonia  lo ebbe anche dalla Francia e poi, quando non aderì al Piano Marshall, le relazioni anglo-polacche-americane si deteriorarono molto e l’Europa camminò sempre più verso una divisione del continente nei due blocchi: orientale ed occidentale.

In questo periodo, 1948, nella Jugoslavia di Tito si stava verificando una recrudescenza di nazionalismo. Per cui l’Unione Sovietica, temendo che la stessa cosa accadesse anche in Polonia, operò un controllo sempre più marcato sul paese. E qui il segretario generale del partito socialista, W. Gomulka, stava preparando una base moderata da cui far partire un regime socialdemocratico che avrebbe rilanciato un po’ il partito nelle proprie tradizioni nazionali e contadine. Gomulka fu tacciato di deviazionismo e defenestrato, ma non subì mai un processo. E da qui partì la fusione del partito socialista con quello comunista, sempre più vicino al modello  sovietico. E sempre più vicina al modello sovietico fu la formazione dello stato nel rispetto della Costituzione promulgata il 22 luglio 1952. Questo portò alla nomina di Ministro della Difesa e vice presidente del Consiglio, del maresciallo sovietico, di origine polacca, C. Rokossovskij il quale si occupò quasi esclusivamente di attuare riforme nel campo degli armamenti e del materiale bellico. A coadiuvarlo nella sua opera arrivarono molti generali ed ufficiali sovietici ed alla fine l’esercito polacco risultò il più valido corollario di quello dell’Unione Sovietica.

Poi fu necessario coordinare i rapporti fra lo stato polacco, tradizionalmente cattolico, con la Chiesa cattolica, e ciò fu fatto senza l’intervento della Santa Sede. Ben presto però lo stato impose  delle restrizioni precise alle prerogative della Chiesa, che vide notevolmente ridimensionati i suoi poteri, nonché i suoi privilegi. Nel 1950 furono imposti dei limiti all’istruzione religiosa, fu nazionalizzata la “Caritas” che già a quell’epoca svolgeva opera di beneficenza, in particolar modo per gli aiuti americani, ma furono nazionalizzate anche tutte le terre possedute dalla Chiesa e da altri enti religiosi, ed infine per lo stato fu confermata la validità soprattutto del matrimonio civile.

A questo stato di cose reagì il primate della Chiesa cattolica polacca, il cardinale J. Wyszynski il quale, però, con un compromesso del 14 aprile 1950, accettò che il clero ed i cattolici dovessero collaborare per il rafforzamento e la stabilità del governo, che rispettassero le nuove istituzioni, come la collettivizzazione delle terre, e che impedissero, con ogni mezzo, ogni tentativo revisionista della Germania sui territori occidentali.

In cambio, i cattolici non avrebbero avuto da parte dello stato altri impedimenti alla educazione religiosa, allo svolgersi delle attività di tutte le associazioni cattoliche ed in caso di nazionalizzazione dei beni, sarebbero stati salvaguardati gli interessi degli enti religiosi.

Ma questo stato di cose degenerò presto poiché già dal 9 febbraio 1953 lo stato impose la sua approvazione obbligatoria alle nomine ecclesiastiche. E siccome il primate, alla testa degli altri vescovi, si oppose, fu arrestato e confinato agli arresti domiciliari, mentre tutto il clero fu obbligato a giurare fedeltà allo stato.

Alla morte di Stalin, avvenuta nel 1953, le cose cominciarono a cambiare ed iniziarono i primi fermenti di ribellione.L’Unione Sovietica non poteva non intervenire, altrimenti in Polonia si sarebbero risvegliati del tutto i già latenti segni di  una rinascita nazionalista. E l’occasione si presentò quando il 28 giugno 1956 nelle fabbriche di Poznan furono indetti degli scioperi, esclusivamente per motivi economici. Ben presto agli operai si unirono gli intellettuali che vararono una campagna antistalinista con richieste di variazioni allo stato attuale del lavoro. Si chiedeva di non esercitare sulle aziende la proprietà statale ma quella “sociale”, in cui fosse presente il controllo degli operai e la loro partecipazione agli utili.

Di fronte a questo schieramento la classe dirigente dovette lasciare il posto alla corrente più moderata del partito. Il 9 ottobre 1956 K. Minc, il pianificatore stalinista dell’economia polacca, fu costretto a dimettersi. Tornò in auge Gomulka; il cardinale primate fu liberato ed in tutte le fabbriche si istituirono i “consigli operai”, che risvegliarono l’entusiasmo in tutti i lavoratori, in quanto creati “dal basso”. In conseguenza di ciò, il 9 ottobre arrivarono da Mosca Kruscev, Kaganovic, Mikojan e Molotov, per discutere questa nuova situazione con Gomulka il quale, forte dell’adesione di tutto il suo popolo, seppe perorare la sua causa facendo intendere alla delegazione sovietica che il nuovo ordinamento sarebbe stato anche fautore di rafforzamento dei rapporti fra i due paesi.

Nel novembre si ripristinò il governo sotto la Presidenza di F. Cyrankiewicz e Ministro della Difesa divenne Marian Spichalski, che fu anche comandante delle forze armate. Poi si riordinarono le relazioni con la Chiesa.

Man mano che si procedeva nella riorganizzazione di tutte le sfere sociali, però, Gomulka, ormai potente, cominciò a fare a meno delle opinioni degli intellettuali, tanto che nell’ottobre del 1957 fu soppressa la rivista “Po Prostu”, che tanto era servita ai tempi di Poznan, e praticamente anche i consigli operai scomparvero nell’aprile del 1958. Ma la situazione economica era migliorata; i rapporti con l’Unione Sovietica non subirono variazioni, e la Polonia continuò il suo cammino non disdegnando un riavvicinamento anche ai paesi occidentali, pur rimanendo il partito comunista polacco il fautore della politica del paese.

E Gomulka proprio questo desiderava; non disdegnare le relazioni internazionali, senza voler abbandonare il blocco comunista, l’alleanza stretta con l’Unione Sovietica, ma non la dipendenza, ed infine lo sviluppo individualista dell’agricoltura e dell’industria, in continua espansione. E questo rinnovamento si sviluppò per tutto il corso del 1959. Arrivati agli anni 60 cominciò una fase di instabilità. Dopo le innovazioni introdotte, specialmente nel settore agricolo, si tornò alle costrizioni della socializzazione. Nel 1962 si ebbe uno scarso raccolto, anche in virtù della bassa meccanizzazione del lavoro contadino e così si procedette fino al 1967, quando con il ritorno alle fattorie statali Gomulka ritenne concluso l’ultimo capitolo della sua strategia agricola.

Anche in campo industriale fu rilanciata la riforma e nel corso delle trattative per il settore, emersero forti contrasti all’interno del governo, contrasti che segnarono il declino definitivo della politica di Gomulka.

Nel gennaio 1968, durante la rappresentazione teatrale di “Dziady” di Michievicz, sorsero delle contestazioni studentesche poiché il governo decretò il ritiro del dramma dalle scene. Si era infatti voluta riscontrare, da parte del pubblico presente allo spettacolo, una certa analogia fra il regime zarista e quello attuale sovietico. La proibizione governativa fu vista come una limitazione alla libertà, perciò sottolineata da manifestazioni che coinvolsero gli intellettuali e gli scrittori e che assunse anche un carattere antisionista.

Intervenne la polizia ed anche tutti gli organi di sicurezza. Gomulka il 19 marzo 1968 pronunciò un discorso teso a ridimensionare soprattutto il problema del “sionismo” ed invitò il Ministro degli Interni a frenare le proprie iniziative. E questo ebbe un effetto deleterio sulla  composizione della spaccatura poiché molti intellettuali andarono in esilio e la colonia ebraica polacca scomparve quasi totalmente a seguito dell’emigrazione di massa in Israele.

La leadership di Gomulka fu confermata ma due anni dopo, nel 1970, un rovesciamento del suo Ufficio Politico portò al vertice dell’organizzazione il nuovo segretario E. Gierek. Egli formò nel 1971 una nuova maggioranza ai vertici del partito, prendendo le distanze da quegli elementi negativi precedenti. Ripristinò le cooperative agricole e stimolò il movimento associativo del settore statale, potenziandolo. Nel luglio 1976 fu pubblicato il testo della nuova Costituzione, comportante numerose innovazioni,fra tante conferme, fra le quali l’articolo 6 che recitava testualmente:”la Repubblica Popolare Polacca, tutelando l’indipendenza nazionale e osservando il principio della coesistenza pacifica, rafforza l’amicizia e la collaborazione con l’Unione Sovietica e gli altri stati socialisti”.

Poi intervenne la crisi internazionale del petrolio; i prezzi delle merci lievitarono e la Polonia fu interessata anche dall’inflazione occidentale. Aumenti fortissimi furono imposti alle merci di importazione mentre la richiesta dei prodotti nazionali diminuì.
Nel giugno 1976 si verificarono molti scioperi nei cantieri navali di Danzica, ma anche a Radom e nelle fabbriche dei trattori Ursus. E mentre tutto questo accadeva, a risollevare il prestigio della Polonia nel mondo, arrivò l’elezione a Papa del vescovo di Cracovia, Karol Wojtyla.

Nel dicembre 1970 era diventato primo ministro P. Jaroszewicz il quale aveva avallato nel 1971 una politica economica impostata sulla modernizzazione e sugli investimenti e prestiti occidentali. Giunti al 1979 si potè constatare che questa politica economica aveva solo sortito l’effetto di indebitare il paese di 17 miliardi di dollari. Ed all’inizio del 1980, con tale situazione, il primo ministro si dimise. Fu sostituito da E. Babiuch, membro del Politbjuro del Partito Operaio, mentre primo segretario rimaneva Gierek. Ma il piano economico di Babiuch, incentrato soprattutto sulla restrizione dei consumi di massa, peggiorò la situazione. Le organizzazioni operaie non si limitarono più a chiedere aumenti salariali ma avviarono anche richieste politiche, quali il massimo potere ai sindacati.

Babiuch fu sostituito da J. Pinkowski che il 31 agosto permise la firma di accordi finali a Danzica, con i quali si concedevano non solo aumenti salariali ma anche il diritto alla libera organizzazione sindacale. Ed a capo di uno di  questi indacati, “Solidarnosc”, assurse il 17 settembre L. Walesa, operaio nei cantieri navali di Danzica e promotore degli scioperi di agosto.

Altri avvenimenti politici ed economici peggiorarono la situazione.Jaruzelski  tornò a capo del governo, Solidarnosc fu regolarmente registrato ed appoggiato anche dalla Chiesa ed il partito comunista, nel 1981, subì varie riforme al suo interno.

Nell’ottobre si ebbe il 1° Congresso di Solidarnosc. Furono dibattuti diversi problemi e fu dichiarato che ormai era più che necessaria una ampia democratizzazione del paese. Walesa acquisì maggiore popolarità ed avviò un negoziato fra il sindacato, la Chiesa e lo stato, invitando ad astenersi dagli scioperi.

Il negoziato fallì ed agli inizi di dicembre ci fu grande tensione in tutto il paese. Il Consiglio di Stato proclamò la legge marziale affidando il potere ad un Consiglio per la Salvezza Nazionale. Walesa ed altri esponenti del sindacato furono arrestati ma, si disse, in via solo provvisoria. Nel corso di ottobre-dicembre si verificarono ovunque gravi disordini ed alla fine Solidarnosc fu disciolto.

Poi la situazione economica peggiorò ed una grave crisi si ebbe specialmente  dopo l’interruzione degli aiuti alimentari provenienti da alcuni paesi occidentali. La Polonia, con enormi sforzi, cercò di ristabilire la normalità, sospese la legge marziale, liberò Walesa e migliorò le relazioni con la Chiesa rendendo possibile, nel giugno 1983, la seconda visita del papa Giovanni Paolo II.

Nel maggio 1984 fu stipulato un patto di collaborazione economica, scientifica e tecnologica con l’Unione Sovietica per 15 anni. Nell’ottobre 1985 si svolsero le elezioni politiche. Jaruzelski fu eletto capo dello stato e presidente del consiglio dei ministri fu Z. Messner.

Con l’avvento di Gorbacev nel 1989 al vertice dell’Unione Sovietica si ebbero importanti ripercussioni anche in Polonia. Ma delle principali azioni la più importante fu sicuramente la rilegalizzazione di Solidarnosc e l’istituzione di un Parlamento bicamerale.

Alcuni fra i più importanti avvenimenti di quel periodo furono: la creazione di un Presidente della Repubblica, la legalizzazione definitiva della Chiesa cattolica e la conversione delle risorse dell’industria militare in quelle di beni di consumo e di servizi.

Nel giugno 1989 ci furono le elezioni parlamentari che decretarono la sconfitta del governo. Il 19 luglio il nuovo Parlamento elesse a Presidente della Repubblica Jaruzelski, alla guida del partito arrivò Rakowski, primo ministro di un governo di coalizione, maggiormente rappresentato da Solidarnosc, fu T. Mazowiecki.

I punti programmatici più importanti del nuovo governo furono:
-  riforma del sistema politico ed economico, con primaria trasformazione della legge sulla proprietà
    e sulla privatizzazione delle industrie;
- abolizione dell’art. 3 della Costituzione che sanciva il ruolo guida al partito comunista;
- ripristino della denominazione di Repubblica Polacca.

Nel gennaio 1990 si ebbe l’11° Congresso che diede l’avvìo a due nuove formazioni politiche; la Socialdemocrazia della Repubblica Polacca e l’Unione Socialdemocratica della Repubblica di Polonia. Il cambio  del tipo di economia e la riforma della politica agraria procurarono a luglio del 1990 vari dissensi e disordini nelle campagne. A seguito di critiche rivolte da Walesa al  governo, si operò anche una spaccatura all’interno di Solidarnosc.

A settembre 1990 Jaruzelski si dimise e furono così programmate per il successivo novembre le elezioni presidenziali. Walesa fu eletto Presidente della Repubblica. Altre due organizzazioni politiche si erano create in quella circostanza: l’Accordo di Centro, pro Walesa, ed il Movimento Democratico di Azione Civica, pro Mazowiecki. Quest’ultimo, dopo  la sua  sconfitta alle presidenziali, rassegnò le dimissioni e fu sostituito dall’economista J. K. Bielecki.

Ma l’esordio di Walesa presidente non fu felice; si trovò subito in contrasto col Parlamento. E quando questi contrasti divennero incolmabili, dopo che Walesa era stato costretto a firmare  una riforma della legge elettorale relativa alla proporzionale, che egli aveva sempre rifiutato di approvare, il governo nel 1992 cadde. In compenso venivano approvati alcuni emendamenti alla Costituzione, che evitarono parecchi conflitti di competenza fra il potere legislativo e quello esecutivo.

Inoltre, a novembre fu possibile ricorrere al Fondo Monetario Internazionale, cosicchè si potè registrare un miglioramento nell’economia e nella produzione industriale e la riapertura dei colloqui con le banche occidentali per la riduzione del debito pubblico.

Nel gennaio 1993, a seguito della sempre crescente ingerenza della Chiesa cattolica nel governo, si varò una legge restrittiva sul problema dell’aborto.

Nell’aprile del 1993 l’Alleanza Contadina si ritirò dalla coalizione governativa. Le nuove elezioni del 19 settembre portarono alla guida del governo W. Pawlak, leader del Partito Contadino, mentre sempre maggiori contrasti si verificarono tra Walesa ed il governo medesimo.

Intanto il volto della Polonia si era sostanzialmente modificato; era intervenuta una più stretta collaborazione con l’occidente e, con la Germania, dopo la sua  avvenuta riunificazione, era stato firmato un trattato sulla garanzia dei confini.

Poi la Polonia chiese l’ingresso alla Comunità Economica Europea, aderì alla NATO e strinse le relazioni con tutte le Repubbliche ex sovietiche. Con la Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca e l’Ungheria fu anche firmato un accordo di libero scambio.
 
Ma fra i partiti di governo aumentarono i contrasti già dal gennaio 1994. Si ebbe una serie di destituzioni dagli incarichi di alcuni membri, come il vice-Ministro delle Finanze e lo stesso Ministro, che era anche vice Premier.
Fra il Parlamento e Walesa  ci furono grandi contrasti. Egli chiese ed ottenne le dimissioni del Ministro della Difesa che non aveva portato a compimento importanti riforme nel suo settore.

Poi si oppose all’aumento delle imposte sui redditi, addirittura appoggiando il diniego dei contribuenti. Inoltre, tentò di sciogliere il Parlamento mentre si rifiutava di firmare la legge di bilancio dello Stato. A questo punto però dovette siglare la legge finanziaria per evitare l’introduzione di una procedura di “impeachment”.

Nel marzo 1995 Pawlak si dimise. Subito fu sostituito da J. Oleksy, esponente dell’Alleanza della Sinistra Democratica.
Intanto la disoccupazione aveva registrato notevoli aumenti, per cui nel maggio 1995 si ebbero delle manifestazioni patrocinate da Solidarnosc e specialmente a Varsavia si registrarono duri scontri con la polizia.

Walesa continuò ad alimentare i  suoi contrasti col governo e nel luglio di quell’anno applicò il suo veto al progetto di privatizzazione che l’esecutivo tentava di promuovere, accusandolo di  privilegiare le proprietà dello Stato.

A novembre, sia il 5 che il 19, si svolsero i due turni delle presidenziali, in cui Walesa fu sconfitto da A. Kwasniewski, che fu quindi eletto presidente.

Questa elezione fu  ferocemente contrastata dai sostenitori di Walesa. Essi portarono avanti molti argomenti di discussione, fra i quali anche la mancata presentazione dei suoi titoli di istruzione.

Ma ciò che comportò un vero cambiamento nel governo, fallito il tentativo di detronizzare il neo-presidente, fu la dichiarazione da parte del Ministro dell’Interno, di possedere le prove che il Premier Oleksy negli anni ’80 aveva praticato lo spionaggio a favore dell’Unione Sovietica.

Oleksy fece molti tentativi per discolparsi. Tutto risultò inutile ed allora egli si dimise. Al suo  posto fu nominato W. Cimoszewicz, uno dei vertici della sinistra, ed a quel punto cessò completamente l’inchiesta contro Oleksy, poiché nessun elemento probatorio era emerso ed anzi le indagini furono pure dichiarate illegalmente fuorvianti.
Nel giugno 1996 furono approvate nuove norme relative alla privatizzazione delle imprese statali.

La situazione degenerò, la disoccupazione aumentò, anche perché fu firmato un trattato con la Federazione Russa, la quale si dispose a fornire di gas la Polonia, togliendo quindi possibilità di lavoro all’industria polacca estrattiva del carbone.

Fra l’agosto del 1996 e l’aprile del 1997 si continuò ad alimentare la tensione sociale a causa di errate manovre economiche, che portarono alla destituzione sia del Ministro per le Relazioni Economiche con l’Estero, sia del Ministro dell’Agricoltura. A mala pena scansò lo stesso provvedimento il Ministro della Sanità e degli Affari Sociali.

Il 2 aprile 1997 fu presentato il progetto di una  nuova Costituzione. A maggio  si approvò con referendum popolare ma  subito  fu contrastata dalle opposizioni in quanto in essa rilevarono più una continuazione del passato regime che la possibilità di studiare  quelle riforme di cui il paese aveva veramente bisogno.

Questa diatriba fu interrotta a luglio poiché lo straripamento di due fiumi, l’Oder ed il Niesse, inondando molte zone, specialmente al sud, avevano arrecato danni gravissimi e fatto molte vittime.

Quasi senza che ce se ne accorgesse, si arrivò alle elezioni del 21 settembre 1997, vinte dalla Azione Elettorale di Solidarnosc e che portò a capo dell’esecutivo J. Buzek, uno dei primissimi membri dello storico sindacato.

Egli formò un governo di coalizione che si mise subito al lavoro e che ebbe come priorità:
- l’integrazione con l’Unione Europea;
- l’adesione alla NATO;
- il completamento delle privatizzazioni;
- la promozione dei valori cristiani;
- la ratifica del concordato con la Santa Sede;
- la reintroduzione della legge restrittiva sull’aborto, richiesta più volte dal papa;
- la riforma del governo locale;
- l’allineamento del nuovo codice di procedura penale ai dettami di quelli standard europei –

Quindi Buzek procedette nel suo compito e varò anche altre importanti riforme, come quella relativa al settore minerario e quella per la sanità.
Naturalmente arrivarono  proteste  da tutte le parti e verso la fine del 1998 si verificarono vari scioperi fra gli agricoltori, i minatori ed i metalmeccanici.

Nel campo della sanità si ebbero le difficoltà maggiori tanto che nel gennaio del 1999 cadde il Ministro J. Wutzow. Il Premier fu costretto ad operare un rimpasto di governo con la  nomina di due nuovi ministri, all’Agricoltura ed alla Sanità, ma le contestazioni e gli scioperi continuarono.

Nel febbraio-marzo 1998 si aggiunsero anche difficoltà con l’Unione Europea che non riteneva sufficientemente idonei i progetti e le misure protezionistiche dei produttori polacchi, per cui Bruxelles aveva  operato diversi tagli ai finanziamenti.
In quello stesso periodo la Polonia  ebbe dei contrasti con la Bielorussia per il controllo dei confini orientali. Ma il 26 febbraio 1999 concluse la ratifica del mandato per l’ingresso alla NATO, documento depositato negli Stati Uniti il 12 marzo 1999, unitamente a quelli di Ungheria e Repubblica Ceca.