DANIMARCA

Storia

Durante l’era glaciale per tre volte i ghiacci scesero a ricoprire l’intero territorio della Danimarca. Dopo questi periodi di terribile freddo però si alternarono tempi primaverili. Ed in uno di questi la Danimarca cominciò a popolarsi. I primi abitatori erano membri di tribù barbare provenienti dall’Asia. Ed erano senza dubbio cacciatori, visti i cimeli di asce, spade, elmi con le corna, che arrivarono fino a noi. E senza dubbio guerrieri. Di questo ebbero conoscenza i Romani poiché proprio  questi guerrieri, di origine germanica, contribuirono nel V secolo dopo Cristo alla caduta dell’Impero Romano. Erano uomini altissimi, biondi ed in guerra attaccavano urlando selvaggiamente.

Ma la loro potenza bellica si dimostrò soprattutto per mare. Ebbero navi velocissime a vela con parecchie file di rematori; essi piombavano sulle coste dei paesi del nord saccheggiando e depredando tutto ciò che trovavano. Quasi sempre i sovrani dei paesi minacciati preferirono pagare fortissimi tributi a questi barbari purchè venissero lasciati in pace.Ma nel IX secolo dopo Cristo anch’essi conobbero l’amaro sapore della sconfitta: l’esercito danese, agli ordini di re Gotfred, fu sbaragliato dall’esercito di Carlo Magno, re dei Franchi. E da lui furono costretti a cedere alla Francia una buona parte del loro territorio.

Quando furono di nuovo indipendenti, dal 1018 al 1035, furono agli ordini di uno dei più grandi re della loro storia, Canuto il Grande. Egli infatti li guidò alla conquista dell’Inghilterra e della Norvegia. Ma il loro dominio ebbe breve durata poiché alla morte del sovrano le due potenze si ribellarono e riuscirono a liberarsi dei conquistatori.

Ma era rimasta ai danesi una grande aspirazione, quella di poter regnare sui paesi scandinavi. E ciò riuscì loro durante il regno della regina Margherita, che sedette sul trono dal 1387 al 1412. Così Svezia e Norvegia furono assoggettate. Ed ancora però il loro dominio finì con la morte della regina perché i suoi successori non furono  capaci di mantenere le posizioni raggiunte.

Nel XVII secolo, infatti, la Svezia, sconfiggendo la Danimarca la costrinse ad abbandonare tutti i territori scandinavi.

Quando scoppiarono in Europa le guerre contro Napoleone, anche la Danimarca fu coinvolta. Gli inglesi quasi la costrinsero ad allearsi con loro temendo che la potentissima flotta danese potesse cadere nelle mani dei francesi.

Poiché, però, la Danimarca si rifiutò di aderire alla richiesta inglese, piuttosto perentoria, l’Inghilterra mosse i suoi eserciti alla volta delle coste danesi e dal mare bombardarono Copenaghen, la capitale, per tre giorni di seguito. Non potendo resistere oltre a questo stato di cose, il governatore della città capitolò e quindi la flotta danese passò al comando della marina inglese. Naturalmente la Danimarca si ribellò, si alleò con Napoleone e ricominciò subito a ricostituire la sua flotta.

Ma quando alla fine di storici tumultuosi eventi Napoleone fu sconfitto, anche la Danimarca fu coinvolta nella disfatta. Nel 1814 il re Federico VI di Danimarca firmò la pace  di Kiel, con la quale fu costretto a cedere parte dei suoi territori.

E come era già accaduto in altri stati europei, e non, i principi di libertà proclamati dalla Rivoluzione Francese fecero breccia negli animi di tutti i popoli, compreso quello danese che, combattendo dure battaglie riuscì a far sì che la monarchia assoluta regnante si trasformasse in una monarchia costituzionale. E da allora la vita del regno di Danimarca non fu più scossa da particolari eventi storici. Allo scoppio della prima guerra mondiale si dichiarò neutrale; non così nella seconda tanto che fu occupata subito dai tedeschi. Tornò libera alla fine della guerra nel 1945.

Dura fu la lotta che la Danimarca intraprese contro i tedeschi invasori. Scioperi, disordini, atti di sabotaggio, lotta partigiana e quant’altro, finanche il rifiuto categorico della polizia danese di giurare fedeltà ai nazisti. Il popolo danese combattè con ogni mezzo per liberarsi dal giogo nazista ed il 5 maggio 1945, con la capitolazione della Germania, tornò ad essere uno stato sovrano ed indipendente. E nell’ottobre di quell’anno furono indette libere elezioni che furono vinte dai socialdemocratici i quali, però, non avendo la maggioranza assoluta, formarono un governo con i liberali ed i comunisti, presieduto da Knud Kristensen, capo dei liberali.

Questo governo durò fino all’ottobre del 1947 quando Kristensen, non avendo ottenuto la fiducia in Parlamento, fu costretto a dimettersi. Si ripeterono le elezioni il 28 ottobre e queste assegnarono la maggioranza ai socialdemocratici che, quindi, formarono un governo appoggiato dai laburisti e presieduto da Hans Hedtoft, Ministro degli Esteri fu Gustav Rasmussen. Il 20 aprile del 1947 moriva il re Cristiano X e gli succedeva Federico IX.

Hedtoft, pur aderendo al Piano Marshall, dichiarò solennemente il 3 febbraio 1948 di non voler aderire ad alcuno dei blocchi politici che intanto si erano formati. Poi, con la negativa esperienza fatta durante la seconda guerra mondiale, quando nonostante la neutralità la Danimarca era stata ugualmente invasa dai tedeschi, non solo aderì al Patto Atlantico nell’aprile del 1949, ma unitamente agli altri stati del nord, Svezia, Norvegia, Finlandia, Islanda, propose ed organizzò un Consiglio Nordico, che divenne operante all’inizio del 1953.

Questa intesa nordica fu un punto molto importante per tutti i movimenti politici che la Danimarca andò ad esplicare. Ma la sua adesione al Patto Atlantico provocò una negativa reazione a Mosca, specialmente dopo la Conferenza di Lisbona del febbraio 1952. Con questa Conferenza si  prevedeva la costituzione di  basi militari in territorio danese, con la possibilità che queste venissero occupate da forze anglo-statunitensi in caso di un eventuale conflitto.

Il governo danese cercò di mitigare gli aspri toni della diplomazia sovietica a questo riguardo, allargando i rapporti commerciali con l’Unione Sovietica ed inviando in visita a Mosca il suo Primo  Ministro nel marzo 1956.

Intanto si era provveduto a rielaborare la Costituzione e, con il beneplacito dei  quattro maggiori partiti politici danesi si era deliberato, fra l’altro, che: 1)- la successione al trono sarebbe stata estesa  anche alla linea femminile, dato che il sovrano regnante aveva solo tre figlie; 2)-la Camera Alta doveva essere soppressa; 3)- la Groenlandia, da colonia, sarebbe diventata Contea danese.

Nel 1953 si ebbe anche la trasformazione del governo che da “coalizione” divenne monocolore e socialdemocratico, presieduto da Hedtoft, fino alla sua morte, avvenuta nel gennaio del 1955, poi da H. C. Hansen, fino alla sua morte, avvenuta nel 1960, e poi ancora  da Wiggo Kanpmann.

In questo periodo nel paese si verificò una spinta contraria al Patto Atlantico, all’armamento atomico, al riarmo in generale ed in particolare a quello tedesco. Poi  Kanpmann associò al governo un deputato della Groenlandia ed uno delle isole Faroer.

Quindi lavorò per l’allineamento della Danimarca con la Comunità Europea  e con la Comunità Economica Europea.

La consultazione elettorale del settembre 1964 consentì ai socialdemocratici un governo di minoranza mentre intanto si registrava una crisi economica per l’impossibilità di collocare sui mercati internazionali i prodotti agricoli danesi.

Nel gennaio 1966 il governo, appoggiato dai socialisti e dai liberali, riuscì a far approvare una serie di giri di vite fiscali che, contrastati dagli interessati, diedero la possibilità di votare il bilancio dello stato.

Ma l’orientamento del corpo elettorale cambiò e con le elezioni del novembre 1966 tornarono alla ripresa sia i socialisti che i radicali, con un vistoso calo dei socialdemocratici.

Contrasti circa la politica antinflazionistica del governo, la svalutazione della sterlina inglese e della corona danese, provocarono una insanabile spaccatura fra i socialisti e, non essendo possibile alcuna azione di accordo, fu nuovamente sciolto il Parlamento ed il popolo danese per la terza volta in quattro anni, nel gennaio del 1968 fu costretto a tornare alle urne. E questa volta, con la ulteriore perdita di voti da parte dei socialisti e dei socialdemocratici, fu possibile formare un governo solo di coalizione di centro-destra, diretto da H. Baunsgaard.

Questo governo mantenne le posizioni già acquisite in politica estera, accelerò le trattative per l’ingresso nella Comunità Europea, tagliò la spesa pubblica e restituì un certo equilibrio alla bilancia dei pagamenti ed all’economia del paese.

Rimase in carica fino al settembre 1971 quando, con nuove elezioni, avvenuta una certa ripresa delle sinistre,  si potè formare un governo monocolore con l’appoggio esterno dei socialisti popolari.

Il definitivo ingresso alla Comunità Europea, avvalorato dal referendum dell’ottobre 1972, provocò un vero e proprio disastro in seno al partito socialdemocratico, che vide l’esodo dei suoi adepti verso i socialisti. Il leader socialdemocratico Krag rassegnò le dimissioni, dopo la debacle del suo partito.

Nel dcembre 1973 si andò alle elezioni anticipate ed un terremoto politico portò alla crescita del partito progressista, recentemente formato, che acquisì il 28% dei voti, divenendo così il secondo partito del paese.

Al liberale Hartling toccò il compito di formare il nuovo governo di coalizione fra i cinque principali partiti: conservatore, liberale, radicale, democratico di centro e democristiano. Ma altre difficoltà economiche sopraggiunsero, insieme ad un sostanziale aumento della disoccupazione. Cosicchè le elezioni amministrative del marzo 1974 decretarono l’ingovernabilità di questa coalizione ed ancora una volta la Camera fu anticipatamente sciolta e si ebbero nuove elezioni nel gennaio 1975.

Il partito di Hartling si rafforzò a spese degli altri della coalizione. Ma l’incarico di formare un governo monocolore di minoranza fu affidato al socialdemocratico Jorgensen.

Nel gennaio 1977 Jorgensen dovette dimettersi per non aver potuto creare una maggioranza governativa stabile e nel febbraio si ebbero nuove elezioni anticipate.

I socialdemocratici, i conservatori ed i democratici di centro si rafforzarono, ma ancora una volta il governo, che nell’agosto del 1978 Jorgensen fu costretto a varare, fu un monocolore socialdemocratico di minoranza, con l’appoggio dei liberali democratici.

Sempre poi per intervento di crisi fra i partiti di governo, per l’ennesima volta si tennero elezioni anticipate nell’ottobre 1979.

Ma queste non decretarono sostanziali variazioni nell’assetto di governo. E si continuò con questa alternanza di dimissioni e di elezioni anticipate fino al 1982 quando, senza ricorrere ad altre votazioni, fu chiamato a formare il governo un conservatore, P. Schluter, che ne formò uno di centro-destra, formato da conservatori, liberali, democristiani e democratici di centro. E con l’appoggio esterno dei radicali. Si andò avanti applicando una severa politica economica fino al 10 maggio 1988 quando ci furono nuove elezioni e nel nuovo gabinetto entrarono i radicali ed i  liberali, mentre uscivano i democristiani ed i democratici di centro.

Nel 1990 si tennero ancora elezioni politiche anticipate ed alla fine Schluter potè varare un governo minoritario costituito da conservatori e liberali che nel febbraio 1991 approvarono il bilancio dello stato.

Nel febbraio del 1992 la Danimarca firmò il Trattato di Maastricht per l’entrata nell’Unione Europea, ratificato poi dal referendum del maggio 1993. In quello stesso anno però Schluter dovette dimettersi perché coinvolto in uno scandalo ed al potere salì P. N. Rasmussen, che formò un governo di coalizione fra socialdemocratici, radicali, cristiano popolari e centro democratico, nel settembre 1994.

Nel 1995 la situazione economica migliorò con l’aumentare degli investimenti e con la diminuzione della disoccupazione, dovuta soprattutto ai prepensionamenti.

Nel dicembre 1996 il Centro Democratico uscì dal governo; nel 1997 fu approvata la legge finanziaria con l’adesione pure delle sinistre. Nel marzo 1998 le elezioni politiche anticipate consegnarono a Rasmussen la possibilità di formare un nuovo esecutivo. E nel maggio dello stesso anno si ebbe un referendum per ratificare il Trattato di Amsterdam, teso ad integrare quello di Maastricht. Il 51% dei votanti si dichiarò a favore del trattato.