CINA

Storia

I cinesi antichi chiamarono il loro paese “Rosa del Mezzo”. Questo perché credevano che la terra fosse piana, che il loro paese si trovasse al centro della terra ed essendo bello e fertile poteva senz’altro essere paragonato ad una rosa.

E che il paese fosse fertile dovettero saperlo molti popoli a quei tempi perché già nel 2000 avanti Cristo la Cina accolse tante genti dell’Asia, raggiungendo anche un elevato grado di civiltà. Infatti, molto prima dei popoli occidentali, i cinesi conobbero la stampa, la bussola, la polvere da sparo e l’industria della seta.

Le più antiche notizie storiche della Cina risalgono al 2637 avanti Cristo, anno in cui iniziò il regno di Huang-ti, sicuramente il primo re della Cina. Non molto però si sa di lui e di altri sei re che si avvicendarono. Per avere notizie precise dei re cinesi bisognò aspettare il periodo dal 2280 al 2256 avanti Cristo ed in particolare di Yao, che fu imperatore molto saggio, estese sempre più i confini del suo impero e lavorò sempre per il benessere  dei suoi sudditi.

Un altro grande imperatore fu You, della dinastia degli Hia, vissuto all’incirca nel 2197 avanti Cristo. Questa dinastia rimase al potere per 400 anni e 17 imperatori si avvicendarono. La dinastia successiva fu quella degli Chang, cui appartenne l’imperatore Chou-si che trasferì l’allora capitale da Ngan-yang nel territorio dove si trova attualmente Pechino.

Ma dal X al III secolo avanti Cristo, ci furono lotte continue fra i vari principi dell’impero che non vollero essere sottoposti all’imperatore e fondarono dei loro stati autonomi, assumendo ciascuno il titolo di re. Non contenti di ciò, pur se ormai re dei loro stati indipendenti, continuarono a combattersi tra di loro per avere la supremazia. Le guerre furono lunghe e sanguinose ed essi passarono alla storia come i “re combattenti”.

E nell’anno 246 avanti Cristo, sul trono di uno dei più potenti stati della Cina salì il principe Cheng. Ambizioso, intelligente ed audace, si propose di sottomettere tutti gli altri re. Sebbene il programma fosse così grandioso, a Cheng bastarono pochi anni per raggiungere il risultato che si era prefisso: l’unità dell’impero cinese, dopo sette secoli di divisioni. Divenne quindi imperatore col nome di Huang-ti, che vuol dire “augusto signore”, governò per un ventennio con molta fermezza e sagacia. La sua prima preoccupazione fu quella di difendere la Cina da eventuali aggressori, specialmente mongoli, abitanti di una vasta regione posta al nord della Cina. Essi avevano già altre volte tentato di invadere il territorio ed allora Huang-ti, decise di iniziare una colossale opera di difesa e fece costruire una grande muraglia tutto intorno al nord del paese. Ad opera compiuta la “Grande Muraglia” misurò circa 6000 km. di lunghezza, con le sue diramazioni.

Ma non fu solo questo il grande merito dell’imperatore; egli fece costruire strade, ponti e grandiosi edifici; poi operò importanti riforme: quella della unificazione della scrittura, dei pesi e delle misure, fu sicuramente la più geniale ed importante.

L’impero cinese comprendeva a quel tempo il bacino del fiume Giallo e la vallata del fiume Yang-tsè. Nel 241 avanti Cristo l’imperatore inviò un potente esercito ad occupare la Cina Meridionale e quando morì, nel 210 avanti Cristo, lasciava un impero vastissimo e molto ben fortificato.

Salvo Wu-ti, tutti gli imperatori che si succedettero fino al III secolo dopo Cristo, furono degli incapaci. Non seppero tenere unito il paese e l’impero man mano decadde. Verso il 220 la Cina si trovò divisa in tre grandi regni. Poi però per merito delle capacità del ministro Sze-ma Yen, nel III secolo l’impero cinese tornò ad essere grande ed unito. Ma non durò a lungo perché l’avidità dei principi fece ripiombare il paese nelle guerre e nel caos cosicché nel VI secolo la Cina fu spezzettata in tanti stati indipendenti. E con questa situazione si arrivò al XIII secolo quando si formarono solo tre grandi stati. Il primo comprese la Cina del Nord, con capitale Pechino, il secondo la Cina Meridionale con capitale Yang-chow ed il terzo la Cina occidentale con capitale Ning-kia.

Ed in questo secolo arrivarono i mongoli, guidati da Gengis Khan. Egli lanciò la cavalleria all’assalto della Grande Muraglia. Due anni durò la resistenza dei cinesi che però poi furono costretti a ritirarsi. I mongoli raggiunsero Pechino, tutta la Cina del Nord fu in mano a Gengis Khan. Poi, mentre il suo esercito era partito all'attacco della Cina occidentale, assediando Ning-kia, Gengis Khan improvvisamente morì ed il comando dell’esercito passò nelle mani di suo figlio Ogdei, e poi ancora ai nipoti Mengku e Kubilai. E con quest’ultimo si completò la conquista dell’intera Cina: era l’anno 179.

Kubilai fu un sovrano molto saggio ed i cinesi finirono per stimarlo; al contrario dei suoi successori che invece furono degli inetti, ma tiranni. E proprio sotto di loro i cinesi cominciarono ad organizzarsi in società segrete con il fermo proposito di rovesciare il governo dei mongoli. Il capo dei patrioti cinesi fu Chu Yuan-Chang, figlio di poveri contadini. Egli con un buon gruppo agguerrito combattè contro i mongoli e li sconfisse. Nel 1368 entrò a Pechino dove fu acclamato imperatore. Egli fondò la dinastia dei Ming, che vuol dire luminoso. Governò per 30 anni dimostrando un non comune intuito politico. Lavorò indefessamente per restituire all’impero cinese la prosperità e la sicurezza di un tempo. Poi l’opera sua fu continuata da Yong-lo.

 Appena salito al trono, questi volle per prima cosa estendere i confini dell’impero ed infatti, dal 1410 al 1420 riuscì a sottomettere parte della Mongolia, l’Annam, parte della Cambogia, del Siam, dell’India meridionale, della penisola di Malacca, le isole di Giava, Sumatra e Ceylon. Alla sua morte, avvenuta nel 1424, lasciò un impero dalle dimensioni mai raggiunte prima di allora.

Un secolo dopo la morte del potente imperatore, la Cina fu attaccata da un pericoloso avversario: il Giappone. Hideyoshi, un abile uomo politico giapponese, elaborò un intelligente piano di guerra. Pensò prima di occupare la Corea come base sicura sul continente e poi partire alla conquista della Cina. Ma i coreani si opposero strenuamente ai giapponesi e, nel frattempo, la Cina ebbe modo di organizzarsi e prepararsi alla guerra. E nel 1598 coreani e cinesi insieme, dopo alcuni anni di conflitto, riuscirono a respingere i giapponesi. Finita questa avventura, la Cina dovette affrontarne un’altra. I Manciù, nei primi anni del XVII secolo, anche loro partirono alla conquista dell’impero cinese e vi riuscirono dopo 30 anni di lotte accanitissime. E così all’imperatore cinese, che si era impiccato per non cadere nelle mani dei nemici, successe un imperatore Manciù nel 1644. Il più grande imperatore della dinastia Manciù fu K’ang-hsi, che governò 60 anni e fu un abilissimo uomo politico.

I suoi successori si preoccuparono solo di estendere i confini del già immenso impero e nell’anno 1796 questo si estendeva dalla Siberia all’Himalaya e dal Tien Scian alle coste del Pacifico.

Nei primi anni del XIX secolo, l’Inghilterra compì varie manovre per poter allacciare rapporti commerciali con la Cina ed infatti riuscì a farlo con l’imperatore Tao-Kuang. Ma siccome l’Inghilterra esportò in Cina, in grandissime quantità, una droga assai deleteria per l’organismo, e cioè l’oppio, l’imperatore nel 1839 interruppe questi rapporti commerciali, e ciò provocò una guerra. E nel 1840 gli inglesi, alleati con i francesi, ebbero la meglio e la Cina dopo tre anni fu costretta a ripristinare i precedenti trattati. Siccome però la Cina continuò a creare varie difficoltà ai commerci delle potenze occidentali, queste nel 1860 spedirono un corpo franco-inglese che, dopo aver occupato la città di Tien-tsin, arrivò fino a Pechino. E questa volta la Cina fu obbligata ad aprire i suoi maggiori porti al traffico europeo. E ciò fu molto importante per la Cina perché studenti, uomini d’affari, letterati, cioè la classe più elevata della Cina, conoscendo più da vicino la civiltà occidentale, finirono per apprezzarla. Da ciò nacquero delle società segrete con lo scopo di scalzare la dinastia regnante ed iniziare nel loro paese una civiltà simile a quella occidentale.

Venuto a conoscenza di queste manovre, il ministro Yuan Sci-Kai, consigliere dell’imperatrice allora regnante, le consigliò di concedere delle riforme a favore del popolo. E nel 1908 ella promise al popolo la Costituzione. Ma siccome dopo la promessa fece di tutto per non mantenerla, o quanto meno di ritardare a mantenerla, nell’ottobre del 1911 in tutta la Cina scoppiarono delle rivolte armate. Un forte esercito governativo fu inviato per sottomettere i rivoltosi, ma questi invece ebbero la meglio, quindi proclamarono la Repubblica e fissarono il governo a Nanchino. Presidente fu nominato il ministro Yuan Sci-Kai. Poiché egli però governò da dittatore e giunse perfino a farsi proclamare imperatore, suscitò lo sdegno dei repubblicani che si ribellarono ed allora, visto che le cose si mettevano male, egli preferì uccidersi: era il giugno del 1916.

Dopo la sua morte, la Repubblica cinese conobbe un decennio di guerra civile. I capi dei vari partiti costituiti si combatterono fra loro per avere il predominio finché un giovane generale riuscì a riportare la pace nel paese: era Ciang Kai-scek. In pochi anni eliminò tutti i disordini e nell’ottobre del 1928 fu eletto Presidente della Repubblica. E dopo nove anni la Cina dovette tornare a difendersi dall’invasione dei giapponesi. Questi si riversarono in Cina con un numero talmente grande di soldati che la Cina dovette cedere ed i giapponesi furono i padroni di buona parte della Cina settentrionale e centrale. E poi per evitare altre sventure il vice-presidente Wang Ching-Wei prese accordi con i giapponesi per concludere con la guerra, contro il volere di Ciang Kai-scek. Il popolo si schierò dalla sua parte e la guerra contro gli invasori continuò.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, il Giappone si alleò con la Germania e con l’Italia; decise, però, di completare prima l’intera conquista della Cina. Ciang Kai-scek fu enormemente aiutato dagli Stati Uniti e, seppure in tre anni i giapponesi ebbero notevoli successi, pure nell’agosto del 1945 il Giappone, piegato anche dalle immani distruzioni portate dalle bombe atomiche americane, dovette piegarsi non solo agli alleati, ma anche dinanzi alla Cina che così riebbe la sua libertà ed indipendenza.

Ma alla lotta contro il Giappone aveva partecipato anche un generale comunista con le sue truppe: Mao Tse-tung. In breve egli si trovò in contrasto con Ciang Kai-scek e le ostilità fra i due furono così forti che, nel settembre 1945 i cinesi si trovarono subito coinvolti in una guerra civile. E tutte e due le sponde chiesero aiuti a due diverse  potenze straniere. Mao Tse-tung li chiese all’Unione Sovietica e l’altro agli Stati Uniti.

La guerra si protrasse fino al gennaio 1949 quando Ciang Kai-scek, ritenendo inutile ogni ulteriore resistenza, inviò un messaggio a Mao Tse-tung per addivenire ad un accordo. E poiché le condizioni di pace di Mao furono ritenute inaccettabili, Ciang Kai-scek preferì dimettersi. E così alla fine del 1949 le truppe comuniste ebbero tutto il territorio cinese nelle loro mani. E nell’ottobre di quell’anno Mao Tse-tung proclamò la Repubblica Popolare Cinese ed i nazionalisti, poi ancora capeggiati da Ciang Kai-scek installarono il loro governo sull’isola di Formosa, oggi Taiwan.

Mao intraprese subito una grandiosa opera di ricostruzione e di risanamento del paese, devastato ed impoverito in mezzo secolo di guerre civili e di governi incompetenti. Naturalmente chiese grandi sacrifici alla popolazione ma nel decennio 1949/59 riuscì a riportare la Cina nel consesso delle nazioni più prestigiose.

Fu istituito un Consiglio Attivo dello Stato, a carattere permanente, ed un Consiglio Rivoluzionario del Popolo, a carattere provvisorio, dal quale dipendessero le commissioni politico-militari addette al controllo delle sei grandi unità amministrative in cui la Cina era stata divisa.

Ma questo sistema non durò a lungo ed allora Mao nel gennaio 1953 fu nominato capo di un comitato che aveva il compito di elaborare una nuova Costituzione e Chou En-lai, Primo Ministro fu incaricato di istituire una nuova legge elettorale. Questa fu pronta nel mese di marzo dello stesso anno; prima di tutto però fu necessario un completo ed accurato censimento, per poter eleggere i rappresentanti dell’Assemblea Nazionale. Il 15 Settembre 1954 ci furono queste elezioni e l’Assemblea Nazionale si riunì per la prima volta il 20 Settembre e promulgò la nuova Costituzione, modellata su quella che in URSS funzionava già dal 1936.

Fra le tanto importanti cariche istituite con la nuova Costituzione, si fondò un Consiglio Nazionale di Difesa, capeggiato dal Presidente della Repubblica, cioè da Mao, che così ebbe il comando di tutte le forze armate. Si istituì altresì la Corte Suprema del Popolo quale massimo organo giudiziario dello stato.

Ed iniziarono le riforme. La prima riguardò il costume. Venne abolito il matrimonio secondo tradizione; fu legalizzato il divorzio per mutuo consenso e fu proclamata la uguaglianza dei sessi. Si proibì il concubinato e la prostituzione.

Da tale situazione iniziò l’emancipazione della donna. Seguì la riforma agraria. Sparirono i latifondi, la terra fu distribuita ai contadini i quali, però, non divennero piccoli proprietari terrieri, ma furono obbligati ad associarsi in cooperative agricole.

Quindi giunse la fase relativa all’industrializzazione. Anche qui fu necessaria la partecipazione costante della popolazione. Tutti gli impianti erano stati resi inservibili e dalla guerra e dalla asportazione continua di materiali basilari. Con l’aiuto dell’Unione Sovietica, anche questo problema ebbe una efficace soluzione.

Furono promosse però anche campagne moralizzatrici contro la corruzione, la burocrazia e l’assenteismo. Il popolo fu veramente partecipe ma dovette anche accettare una regola importante che limitava la crescita demografica, per non vanificare tutti gli sforzi compiuti per rendere la vita di tutti i giorni più serena e vivibile alle persone già esistenti in gran numero.

Oltre al Partito Comunista, in Cina nacquero anche altri partiti minori della stessa matrice, che però ebbero scarso peso ai fini del sistema di governo.

Il partito comunista cinese, dopo aver registrato nel 1958 una crisi passeggera, ebbe sempre la preponderanza negli addetti ai lavori. Mao Tse-Tung decise di non mantenere l’incarico di Presidente della Repubblica, ma rimase Presidente del Comitato Centrale del Partito Comunista. Chou En-lai fu confermato Primo Ministro ed il nuovo Presidente della Repubblica fu Liu Shao-chi.

In politica estera, la Cina fu propensa a concordare relazioni diplomatiche con tutti quei paesi che però non avrebbero dovuto avere rapporti con la Cina nazionalista, cioè Formosa.

La prima nazione che riconobbe la Repubblica Popolare Cinese fu l’URSS. Poi seguirono la Gran Bretagna e tutti i paesi del nord Europa.

Chi si rifiutò categoricamente di riconoscere la Cina popolare furono gli Stati Uniti che non solo disconoscevano la presenza del rappresentante cinese alle Nazioni Unite, ma addirittura mantennero intorno a Formosa la loro VII° flotta.

Con l’Unione Sovietica vennero fatti accordi commerciali, di amicizia, di alleanza e di mutuo soccorso. Poi l’Unione Sovietica si impegnò pure a costruire in Cina 156 impianti industriali.

Ma in seguito ad una crisi nello Stretto di Formosa del luglio 1958 i rapporti fra i due più grandi stati comunisti si deteriorarono.
La Cina formalizzò anche accordi di amicizia con tutti i paesi confinanti e poi rivolse il suo interessamento anche verso i paesi africani. Per prima riconobbe la Repubblica Algerina. Ma, a seguito della rivolta del Tibet del 1959, e la dura repressione cinese, anche i rapporti con i paesi dell’Asia del sud-est subirono delle modifiche. Specialmente con l’India ci furono vere e proprie diatribe quando in Unione Sovietica si pubblicò una carta geografica dello stato, comprendente anche alcune zone di confine sulle quali l’India da tempo rivendicava la sovranità.

Sconfinamenti da ambo le parti provocarono anche incidenti che però vennero ricomposti con un accordo firmato nel 1960.
A partire dal 1960 la Cina dovette affrontare un periodo difficilissimo, dovuto alla rottura dei rapporti con l’Unione Sovietica. Questa ritrasse tutti i suoi tecnici occupati a costruire impianti industriali e ad eseguire opere pubbliche di vario tipo ed inoltre cessò la fornitura di tutti i materiali.

E la Cina, all’improvviso, si trovò senza più l’alleato principale e per di più isolata da tutto il resto del mondo.

Tornò ad essere importante la presenza di Mao nel regime. Egli cambiò sistema di lavoro, istituì piccole aziende private e piccole proprietà terriere concedendo ai contadini appezzamenti individuali di terreno coltivabile, ma anche il libero mercato, cosa che nel futuro si dimostrò molto importante. Poi concesse agli operai il lavoro a cottimo per incentivare la produzione. Ed inoltre curò l’ideologia in modo che con un semplice, ma famoso, slogan: ”non dimenticare mai la lotta di classe”, invitò tutti i lavoratori al massimo rendimento per il benessere dei vari strati sociali.

Ma l’idea della lotta di classe non fu condivisa dal Presidente della Repubblica Liu Shao-chi, che tentava in ogni modo di controllare i quadri del partito mentre Mao si rivolgeva alla gran massa della popolazione, quasi tutta di estrazione contadina, ed ai giovani. Così nacque, nell’ambito del partito comunista cinese, quella che fu definita la “lotta fra le due linee”. Intanto nell’Unione Sovietica si era verificato un radicale cambiamento al vertice della dirigenza. Nel 1964 Kruscev, anticinese, fu deposto ed il gruppo filosovietico all’interno del partito comunista cinese, si espresse per una riconciliazione.

Ma contemporaneamente gli Stati Uniti erano intervenuti nel Vietnam, cosicché la Cina si trovò a dover decidere se continuare la polemica con l’Unione Sovietica oppure formare con tutti i paesi socialisti un fronte unico a  difesa del sud-est asiatico.

Mao decise di fornire aiuti sia al Vietnam del Nord che al Vietnam del Sud senza intervenire con elementi umani in modo che la vittoria, comunque, sarebbe stata del popolo vietnamita. Ma ciò anche allo scopo di evitare che il conflitto assumesse delle proporzioni più vaste e divenisse mondiale.

Nel 1965 la Cina fu campo di violenti scontri fra gruppi di giovani, dopo che su alcune scene teatrali era stato portato un dramma storico del tempo. Questo diede l’avvìo a quella che fu definita la “grande rivoluzione culturale proletaria”.

Essa conteneva 16 punti essenziali, primo fra tutti la libertà di espressione, specialmente mediante i giornali murali a grandi caratteri.

Questa rivoluzione fu portata avanti dai giovani, quasi tutti studenti. Durante questo periodo nacque il movimento delle “guardie rosse”, anche qui studenti, che portarono al braccio  una fascia rossa, come la portò Mao, e seguirono fedelmente le sue ideologie, racchiuse in quello che si chiamò “libretto rosso”.

Nel 1966 nel movimento delle guardie rosse erano entrati anche gli operai dei vari centri urbani ed ovunque nacquero discussioni, ed anche scontri, per la lotta per il potere.

Fu un momento di caos per la Cina ed anche di retromarcia culturale, poiché le università erano state chiuse. Si temette anche una guerra civile, ma dopo alterne vicende, nel 1968 il Presidente della Repubblica venne destituito ed espulso dal partito. Ed insieme a lui molti altri dirigenti.

L’anno successivo si riunì il IX Congresso del Partito e fu nominato, quale successore di Mao, un suo compagno d’armi, Lin Piao. Ai quadri arrivarono molti militari.

Per la politica estera il 1969 vide riacutizzarsi la polemica fra Cina ed Unione Sovietica a proposito di alcune zone del confine settentrionale, un tempo appartenenti alla Cina, alla quale erano state sottratte dall’espansionismo della Russia zarista. In alcune località di frontiera, in prossimità del fiume Ussuri, si verificarono persino alcuni scontri armati. La tensione, inizialmente ampia, poi andò attenuandosi ma non scomparve mai del tutto.

Nello stesso 1969 la Cina fece esplodere la sua prima bomba atomica, ma, dichiarò, a solo scopo sperimentale. Non avrebbe mai per prima aggredito chicchessia con questo mezzo. E l’anno dopo mise in orbita il primo satellite artificiale. Il tutto a dimostrazione della sua potenza scientifica ed industriale.

A seguito delle divergenze con l’Unione Sovietica, di tutti i paesi socialisti la Cina ebbe l’amicizia solo dell’Albania e della Romania.

Nel 1971 si verificò un altro avvenimento importante che aumentò il prestigio della Cina popolare. Alle Nazioni Unite fu ammesso il suo rappresentante col conseguente ritiro di quello di Formosa, con il cui governo tutte le nazioni, Italia compresa, ruppero le relazioni diplomatiche.

Gli Stati Uniti non riconobbero la Cina popolare e pur tuttavia i rappresentanti dei due paesi si incontrarono a Varsavia. Nel 1971 il segretario di stato americano, Henry Kissinger, visitò la Cina e nel febbraio 1972 anche Nixon vi si recò, primo presidente americano ad entrare ufficialmente nel grande paese.
La Cina poi rivolse la sua attenzione ai paesi africani del “terzo mondo” ai quali inviò aiuti economici e tecnici.

Intanto si era venuta attenuando la popolarità di Mao ed anche Lin Piao era uscito dalla scena politica. Nel 1973, in occasione del X Congresso del Partito si venne a conoscenza di un tentativo di colpo di stato, avvenuto due anni prima, ad opera di un gruppo fedele a Lin Piao, e della morte del medesimo in un incidente aereo, durante una non meglio documentata sua fuga dalla Cina.

Nel gennaio 1975 si riunì a Pechino la IV Assemblea Nazionale del Popolo, nella quale si approvò una nuova Costituzione. Con essa si diede molta più importanza al partito comunista, si abolì la carica di Presidente della Repubblica e la  Cina da “stato democratico popolare” si chiamò “stato a dittatura del proletariato”.

Nel settembre 1976 Mao morì e tutte le sue cariche furono affidate a Hua Kuo-feng.

Ed a questo punto ripresero le lotte fra le due linee: quella moderata e quella radicale. A quest’ultima facevano capo i cosiddetti “Quattro di Shanghai”, fra cui la vedova di Mao, considerati pericolosi dissenzienti e imprigionati come banditi. Il nuovo gruppo dirigente, capeggiato da Hua Kuo-feng e da Teng Hsiao-Ping continuarono l’opera di Mao.

Durante l’arco degli anni 1977/78 la politica estera cinese fu dominata dalla teoria cosiddetta dei “Tre Mondi”. Infatti proponeva la formazione di tre blocchi mondiali. Al primo dovevano appartenere gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica; al secondo, in posizione intermedia, l’Europa, il Giappone ed il Canada, e al terzo la Cina, l’Africa e l’America Latina.

Ma per quanti sforzi facesse la Cina per aiutare economicamente i paesi dell’Asia e dell’Africa, i risultati furono scarsi.
Nel corso del 1979 la Cina popolare propose a Taiwan di entrare in contatto e chiedere il confronto militare e nello stesso anno peggiorò i suoi rapporti col Vietnam condannando l’intervento militare operato in Cambogia a marzo.

In questo periodo e fino al 1980 molti mutamenti avvennero nella politica interna. Il vecchio presidente Liu Shao-chi venne riabilitato mentre si cominciava a ridimensionare la personalità e l’ideologia di Mao. Ed anche molti di coloro che erano stati definiti e condannati come “revisionisti” e “deviazionisti di destra” furono riabilitati.

Iniziarono, quindi, manifestazioni di massa di contadini e di studenti; i primi reclamavano migliori condizioni economiche, i secondi i diritti umani. Criticati e accusati di connivenza con elementi stranieri, subirono forti repressioni ad opera di Deng Xiao-Ping. Ma al Congresso Nazionale del Popolo fu proposta una variazione al codice di procedura penale, per cui le pene capitali subirono una considerevole diminuzione e, comunque, si stabilì che sarebbero state applicate solo dopo l’approvazione della Corte Suprema.

Nel settembre 1980 Hua Guo-Feng si dimise e fu sostituito da Zhao Zijang. La stampa continuò ad attaccare l’operato di Mao tanto che il quarto anniversario della sua morte fu completamente ignorato.

Intanto era stato effettuato il processo ai “Quattro di Shanghai” e si era concluso con due condanne capitali, commutate poi in ergastoli.

Sempre nel 1980 la Cina popolare aveva sostituito Taiwan anche come membro del Fondo Monetario Internazionale e da questo ottenne grossissimi prestiti per la stabilizzazione della propria economia. A questo proposito in agricoltura si era provveduto a riorganizzare unità più piccole delle cooperative e si era concesso ai contadini di utilizzare parte dei prodotti per la vendita diretta. E questo sarebbe stato un ottimo incentivo per aumentare la produttività, sempre che non fossero intervenute lunghe siccità, come appunto avvenne in quell’anno, soprattutto nella Cina settentrionale e orientale.

Nell’aprile 1982 fu pubblicata una bozza per una nuova Costituzione. Fra i cambiamenti più importanti ci fu il ripristino della carica di Presidente della Repubblica, con validità 5 anni; furono sostituiti i comuni popolari con delle municipalità; furono riorganizzati tutti gli uffici del Partito Comunista e furono combattute le lungaggini della burocrazia e la corruzione in tutti i settori.

Nel corso degli anni 1982/83 furono lanciate diverse campagne per la moralizzazione del paese. Furono segnalati i pericoli di talune arti, come la “decadente” musica occidentale, la fantascienza e l’esistenzialismo. Fu condannata la pornografia e si applicò una maggiore censura alla stampa ed al cinema.
Si parlò a questo punto di rivoluzione culturale.

Ma anche in campo economico ci fu una recrudescenza degli stretti controlli governativi sul commercio con l’estero nell’anno 1984.

Il 10 aprile 1985 fu firmato un accordo fra la Gran Bretagna e la Cina per il ritorno alla madre patria nel 1997 di Hong Kong, che per 50 anni era stata colonia inglese.

Verso la fine del 1985 e l’inizio del 1986 si ebbero graduali ritiri dalle cariche pubbliche di Deng Xiao-Ping. Nella primavera del 1986 il Comitato Centrale del Partito, in risposta ad alcune contestazioni sulla dogmaticità del marxismo-leninismo, ne riconfermò i principi, condannò ancora il capitalismo, ma respinse il concetto di “marxismo quale rigido dogma”.

Dopo le manifestazioni studentesche del dicembre 1986 il segretario del partito, Hu Yaobang, accusato di  “liberalismo borghese” fu deposto e sostituito da Zhao Zijang che nell’ottobre 1987, al tredicesimo Congresso del Partito, ribadì che il “socialismo cinese era il risultato dell’integrazione dei principi del marxismo con la modernizzazione della Cina”.

In ogni caso alla dirigenza del partito, alla fine del Congresso, risultarono effettuati diversi cambiamenti con il ritiro volontario di Deng Xiao-Ping e del presidente Li Xiannian. Lo stesso Zhao Ziyang annunciò che si sarebbe ritirato dalla carica di primo ministro per essere sostituito da Li Peng.

Durante quell’anno si rinnovò la protesta nel Tibet. Il Dalai Lama, rifugiatosi in India, fu accusato di essere il fomentatore della rivolta. Inoltre, sempre nel 1987, si giunse ad un accordo con l’Unione Sovietica sulla questione delle frontiere e le truppe sovietiche furono notevolmente ridotte.

Nel marzo 1988 furono applicate varie riforme sia sociali che economiche. Si ripristinarono alcune cariche militari abolite durante la rivoluzione culturale. Alcuni intellettuali vennero riabilitati. In campo economico furono promosse società a capitale misto straniero.

Nel gennaio 1989 moriva il Panchen Laman, il secondo capo spirituale del Tibet. Lhasa fu teatro di alcune violente  manifestazioni per cui fu dichiarata la legge marziale. Nell’aprile morì anche Hu Yaobang e l’occasione del suo funerale fu sfruttata da molti studenti per inscenare manifestazioni a Pechino. Essi iniziarono lo sciopero della fame chiedendo democrazia ed in questo furono spalleggiati da molta parte della popolazione.

Ed in attesa che il 15 maggio arrivasse in visita Gorbacev, per vari accordi cino-sovietici, le manifestazioni furono intensificate.
Il 20 maggio fu imposta la legge marziale ma, perdurando le manifestazioni, furono messe in atto fortissime repressioni il cui culmine fu una strage a Piazza Tien An Men, che fece registrare almeno un migliaio di vittime.

Gran parte delle nazioni straniere bloccarono la loro politica di apertura verso la Cina, mentre Zhao Ziyang, che aveva spalleggiato gli studenti, si dimise da segretario del partito, sostituito da Jiang Zemin. L’astrofisico Fang Lizhi cercò riparo presso l’Ambasciata degli Stati Uniti. Poi il governo cinese elargì alcune concessioni ed egli poté espatriare.

Nel 1991 sia il Giappone che gli Stati Uniti decisero di riprendere i rapporti economici con la Cina che, oltre tutto, decollò pure in borsa a Shenzhen ed a Shanghai con una emissione di titoli che fu un grandissimo successo.

Il primo aprile 1991 Deng fece nominare Zhu Rongji, già sindaco di Shanghai, vice primo ministro con compiti speciali in campo economico. Fra questi il processo di transizione dall’economia pianificata a quella di mercato.

E con i miglioramenti economici, con l’arrivo di molti beni di consumo fino ad allora quasi inesistenti, il popolo non sembrò interessarsi più molto alla democrazia.

Me le riforme continuarono e Deng visitò nel 1992 tutte le provincie dal nord al sud per esortare la popolazione a compiere sforzi innovativi e ad aumentare lo sviluppo della produzione.

Poi nel 1993 scomparve dalla scena politica ribadendo il suo appoggio a Jiang Zemin. Questi, insieme a Li Peng e Zhu Rongji, si occupò del buon andamento dell’economia e delle operazioni per il ritorno di Hong Kong alla Cina nel 1997, come stabilito.
Poi nel maggio 1993 si ebbe una stasi nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti in quanto il presidente americano Bill Clinton, chiudendo in parte i mercati alle importazioni cinesi, intendeva posporre tutti i commerci, e tutti gli affari in genere, alla salvaguardia dei diritti umani.

Un elemento di difficoltà nelle relazioni fra i due paesi fu la mancanza di riconoscimento, da parte della Cina, del diritto di proprietà intellettuale, e quindi copiava libri, dischi e software dal mercato americano per rivenderli sui mercati asiatici.

Ancora un fatto importante venne a turbare i rapporti fra Stati Uniti e Cina. Il 23 settembre 1993 venne dato ufficialmente l’annuncio che le Olimpiadi del 2000 sarebbero state fatte a Sidney, in Australia, a dispetto del fatto che la richiesta cinese, oltre che ad essere stata presentata con notevole anticipo, era molto attesa per rilanciare la Cina oltre che sui mercati internazionali, anche in campo sociale per l’aumento del suo prestigio.

Ci fu un momento di stasi nel dialogo distensivo che, però, poi riprese. Molte controversie furono appianate in occasione della visita che negli Stati Uniti fece Jiang Zemin il 19 novembre di quello stesso anno.

Insieme alle difficoltà sul piano internazionale, anche all’interno del paese si dovettero affrontare gravi problemi, fra i quali la crescita spropositata dell’inflazione e della corruzione, anche ai vertici dello stesso partito.

Nel maggio 1995 si ebbe la notizia che gli Stati Uniti avevano predisposto la visita in terra americana del presidente di Taiwan, Lee Teng Hui. Questo fatto provocò le vibranti proteste del governo cinese che ritirò pure il suo ambasciatore e poi fece piazzare missili intorno all’isola  minacciando di invaderla. Ma non fu il solo momento di tensione. Anche il 23 marzo 1996, in occasione delle elezioni presidenziali in Taiwan, la Cina mise in guardia il presidente dal pronunciare discorsi di indipendenza ed ancora una volta l’isola fu messa sotto tiro dalle forze militari cinesi. Questa volta però anche Clinton inviò nello Stretto di Taiwan la VII flotta americana del Pacifico. Ci fu una crisi diplomatica che rientrò con il guardingo comportamento di Lee Teng Hui e tutti i militari rientrarono nelle loro patrie.

Il primo luglio 1997 Hong Kong tornò alla Cina; il Consiglio Legislativo inglese, organo dirigente, fu sostituito da una “legislatura provvisoria” insediata da Pechino.

Il 12 settembre 1997 si tenne a Pechino il XV Congresso del Partito, da cui uscì la nomina di Jiang Zemin a guida del partito stesso, dopo la morte di Deng, avvenuta già nel precedente febbraio.

Egli dichiarò ufficialmente che lo stato avrebbe trattenuto un certo numero di grandi aziende strategicamente rilevanti, ma per il resto sarebbe stata introdotta una ampia privatizzazione. Rassicurò pure i lavoratori dipendenti circa la percentuale della disoccupazione che non avrebbe mai superato il 4%. Anche nell’esercito sarebbe stato ridotto il contingente umano per effetto della continua meccanizzazione.

Nell’estate di quell’anno molti paesi del sud est asiatico si trovarono in difficoltà; la Cina poté svolgere un ruolo equilibratore  in tutta l’area. Maggiormente beneficiati dagli aiuti cinesi furono la Thailandia e l’Indonesia, attraversate da crisi profonde. La Cina, inoltre, si adoperò con ogni mezzo per impedire la svalutazione della moneta asiatica, per non vanificare tutti gli aiuti internazionali.

Negli ultimi mesi del 1997 a Washington scoppiò un grande scandalo poiché da una inchiesta, eseguita dall’FBI, risultò che la Cina popolare aveva versato una forte somma di denaro per la campagna elettorale di Clinton. Il governo cinese smentì recisamente la notizia che, invece, fu confermata proprio da colui che aveva fornito il materiale, il tenente colonnello Liu Chaoying, dell’esercito popolare di liberazione.

Nel giugno 1998 Clinton si recò in visita a Pechino. Ma prima di questo evento, in segno di distensione, il governo cinese aveva liberato l’ex capo del movimento studentesco, Wang Dan, colpevole dei fatti della Piazza Tien An Men, e lo aveva espatriato negli Stati Uniti.

In America invece il viaggio di Clinton fu molto criticato. Al momento del suo arrivo a Pechino il governo cinese fece arrestare alcuni manifestanti dissidenti, tra cui il vescovo cattolico Jia Zhiguo, solo a scopo dimostrativo: nessuno poteva sentirsi libero  di ingerirsi negli affari interni della Cina. Clinton e Jiang Zemin si confrontarono in una conferenza stampa seguita da milioni di telespettatori; i due si trovarono d’accordo nel profetizzare una più stretta collaborazione fra i loro paesi.

Continuando il viaggio dopo Shanghai, Clinton arrivò ad Hong Kong e qui in una intervista ad un giornale locale dichiarò che il leader cinese era senz’altro l’uomo giusto per riportare la Cina sulla strada della democrazia.

All’inizio dell’agosto del 1998 una spaventosa serie di piogge torrenziali portò il fiume Yangzi allo straripamento in diverse provincie del centro della Cina. Centinaia di migliaia di persone morirono ed ingentissimi furono i danni. La furia delle acque distrusse intere città, fece saltare ponti e centrali elettriche, milioni di ettari di terre coltivate furono alluvionati. Fu una tragedia che varcò i confini della Cina.

Nel frattempo anche il Giappone era stato percorso da una crisi economica piuttosto ampia e così non poté dare un sostegno in quel difficilissimo momento.

Nella seconda metà del 1998 Tony Blair, premier britannico, si recò in Cina per stabilire la nuova fase politica dopo la cessione di Hong Kong e Jiang si recò in Giappone per stipulare accordi commerciali. Nei primi mesi del 1999 si recò in Russia e quindi anche in Italia.

E nonostante la condanna di Clinton per la linea repressiva adottata da Pechino, avverso la formazione di un partito di opposizione cinese, fra i due paesi, in segno di futura e duratura distensione, nel settembre 1999 furono firmati numerosi accordi commerciali.