ALBANIA

Storia

Dalle ricerche storiche e dagli scavi archeologici compiuti in Albania è risultato che i materiali rinvenuti sono consimili a quelli dell’Italia meridionale e ciò indica che le relazioni fra questi due paesi furono intense, più che quelle con i territori limitrofi.
Certe furono le migrazioni dall’Albania alle coste della Penisola Salentina, dei Messapi, dei Peucezi e degli Iapigi.

Al tempo della divisione dell’Impero Romano in due parti, la zona dell’Albania attuale era chiamata Praevalitana e questa andò alle dipendenze di Bisanzio. E poiché era divisa in tante piccole signorìe, parte di esse rimasero unite agli stati serbi e bulgari, parte aggregate ai domini veneziani e parte ancora agli Angioini di Napoli.

Nel V secolo in Albania dominarono i Goti; il loro re, Ostrojla, si proclamò anche re della Praevalitana.

Giustiniano, nel 535, riconquistò la regione riportandola nell’ambito dell’Impero Bizantino.

Altri barbari cominciarono ad affluire nella zona: Ungari, Bulgari e Avari. Ma le più pericolose incursioni furono quelle degli Slavi. Già nel VI secolo lo slavo Rutomir perseguitò i cristiani. Il suo dominio fu troncato dagli Avari, i quali a loro volta furono debellati dai serbi, chiamati addirittura dall’imperatore Eraclio. Da allora si formarono dei Principati serbi, dei quali i più importanti furono il Montenegro, la bassa Erzegovina e la Dalmazia. Questi principati nominalmente furono dipendenti dell’impero bizantino ma in realtà furono indipendenti. La signorìa bizantina in pratica era limitata alle sole coste dell’Albania.

Nel 917 il re dei bulgari, Simeone il Grande, entrò in possesso dell’intera Albania, eccettuate appunto le coste, che rimasero a Bisanzio. E, prima sotto il regno bulgaro, poi sotto quello macedonio, l’Albania rimase fino al 1019, per tornare poi direttamente sotto Bisanzio.

Nel secolo XI si ebbe una svolta importante nella storia del paese e fu il riavvicinamento della regione all’occidente. Si intensificarono i rapporti con le Repubbliche Marinare, in particolare con quella di Amalfi che addirittura fondò una sua piccola signorìa a Durazzo. Ma soprattutto si ebbero legami stretti con Angioini, Svevi e Normanni che resero sempre più forti quelli politici, economici e morali tra Albania e Italia.

Anche la Repubblica di Venezia operò in questo periodo una netta penetrazione nel territorio albanese. Si deve ad essa, tra l’altro, l’introduzione della pianta dell’olivo nel paese. L’influenza della Serenissima si sviluppò soprattutto nel XIII secolo.  Con la Quarta Crociata, anziché liberare il Santo Sepolcro, Venezia  conquistò, almeno nominalmente, tutta l’Albania e l’Epiro.

Sorsero però varie signorìe feudali che, capeggiate da Michele Angelo Comneno, impedirono a Venezia di prendere il pratico possesso delle terre albanesi.

Nel 1230 sopraggiunse l’impero bulgaro dello zar Giovanni Asjan II; poi arrivò la signorìa dei serbi che raggiunse il massimo splendore con Stefan Dusan, che regnò dal 1331 al 1355, col nome di zar dei Serbi, Greci, Bulgari ed Albanesi. Finito questo impero se ne avvicendarono altri che videro in campo veneziani ed angioini finchè arrivarono i turchi. Allora in Albania si distinse uno dei più grandi difensori della cristianità: Giorgio Castriota (Scanderbeg). Egli riunì tutte le genti della sua razza per combattere l’Islam. Fu fondata la “Lega dei Popoli Albanesi”. E, quando nel 1454, Castriota rifiutò un’offerta di pace fatta da Maometto II, capo dei musulmani, questo, abilissimo ingannatore, tentò vie traverse e riuscì a portare dalla sua parte alcuni degli alleati albanesi. Aspre furono le lotte che però ebbero fine alla morte di Castriota, avvenuta per febbre nel 1467, e con l’occupazione quasi totale del paese da parte dei turchi.

Ma l’epopea di questo eroe valse almeno a frenare le mire espansionistiche degli ottomani in Europa. Essi rimasero signori indiscussi in Albania, ma molti albanesi fuggirono nell’Italia meridionale e vi si stabilirono definitivamente.

Gli albanesi, sia del nord che del sud, accettando le condizioni di pace imposte dagli ottomani, mantennero in buona parte la loro autonomia e poterono continuare liberamente a professare la religione cristiana. Invece nell’Albania centrale rapido fu il processo di islamizzazione del popolo. Questa parte del paese rimase sempre divisa  in piccoli principati autonomi, che non ebbero mai la possibilità del riscatto dal giogo. Nel XVI e XVII secolo essi provarono a ribellarsi, con l’aiuto di Venezia ed anche di alcuni pontefici, fra i quali quelli della famiglia Farnese.

Ma l’islamismo fece breccia anche in alcuni popoli albanesi, come i Mirditi, il cui capo, Marku Gjon, compì gesta eroiche al servizio dell’esercito turco.

Certamente la spezzettatura del paese  fu la causa principale per cui i Mirditi combatterono contro i connazionali. Scarsa infatti fu l’intesa fra quei popoli che si trovarono sempre in mezzo a ribellioni, lotte e sottomissioni. I popoli albanesi, pur divisi da odi, rivalità di signori, di tribù, di città, si rivolsero sempre ed unicamente all’Italia, specialmente a Venezia ed a Napoli, per avere soccorso e questo fu sempre loro dato ed anche con largo consenso.

Nel XIX secolo ebbe inizio, sotto gli auspici della Russia, il movimento di liberazione dei popoli sottomessi ai turchi. Ma la particolare situazione dell’Albania, divisa fra musulmani, cristiani e ortodossi, rese molto difficile l’impresa. I Mirditi continuarono a combattere al fianco dei turchi  che rimasero a governare il paese, nonostante le reiterate ribellioni e con due trattati in mezzo, quello di Santo Stefano e quello di Berlino del 1878. Nel 1912 l’impero ottomano concesse dei privilegi al paese, ma questi non trovarono applicazione poiché nello stesso anno, essendo iniziata la guerra nei Balcani, i popoli albanesi si trovarono divisi circa la posizione da assumere verso i turchi. In breve tempo i nove decimi del territorio albanese furono occupati da serbi, greci e montenegrini.

Durante questo periodo un vasto programma di attuazione dell’autonomia albanese fu portato avanti dall’Austria-Ungheria e dall’Italia. Ambedue gli stati erano intensamente interessati al paese a causa dei vari sviluppi economici dovuti ai fiorenti commerci. Perciò si adoperarono molto per la costituzione di uno stato albanese autonomo ed il 10 aprile del 1914 una speciale Commissione Internazionale approvò la costituzione dello Statuto dell’Albania. Questa veniva elevata a Principato sotto la  garanzia delle potenze europee. A capo di questo principato fu posto Guglielmo di Wied.

Contemporaneamente a questi avvenimenti   si verificò un altro fatto. Ad Argirocastro sorgeva un governo autonomo retto da Zografos, ex ministro degli affari esteri di Grecia. Ne conseguirono lotte accanite che si risolsero con veri e propri massacri. Ma intanto Guglielmo di Wied, rinunciando alla collaborazione della Commissione di Controllo, aveva nominato Presidente del Consiglio dei Ministri Turhan Pascià, ex ambasciatore turco in Russia. E la debolezza di questo governo, i massacri dell’Albania meridionale ad opera dei greci, le ribellioni dell’Albania centrale, furono le principali cause della fine del Principato. Il principe fuggì e l’unico potere che rimase nel paese fu quello esercitato dalla Commissione di Controllo; ma anch’essa non ebbe una grande possibilità di agire perché, nel frattempo, con lo scoppio della prima guerra mondiale, molte delle nazioni che la componevano furono in guerra fra loro.

L’Italia, negli anni che seguirono, ebbe la preponderanza nell’occupazione del territorio albanese e gli italiani furono accolti sempre con molta simpatìa. Ma questa simpatìa venne meno allorchè l’Italia, con l’accordo italo-greco del 29 luglio 1919, riconobbe le aspirazioni greche sull’Albania meridionale.

Nel 1920 comparve sulla scena politica albanese il venticinquenne Ahmed Zogu, di antica famiglia del Mati.  Nel 1921 egli fu Ministro degli Interni; agli inizi del 1924, mentre saliva le scale del Palazzo del Parlamento, fu ferito da uno studente, Beqir Valter. Si rifugiò momentaneamente in Jugoslavia e nel dicembre 1924 tornò in patria e riassunse il potere, ottenendo risultati notevoli.

Ricostituì un esercito, addestrato da ufficiali italiani; creò per la prima volta in Albania una piccola marina da  guerra, anch’essa organizzata da un ufficiale italiano; istituì la Banca Nazionale di Albania ed una moneta, tutta albanese, il “lek” che sostituì subito tutte le altre valute fino ad allora circolanti. A questa stessa banca affidò il compito di curare il commercio con le nazioni europee. Poi Zogu finanziò bonifiche, opere stradali, la costruzione di vari edifici pubblici e della ferrovia Durazzo-Tirana, nonché lavori portuali a Durazzo e a San Giovanni di Medua.

Riordinò poi i servizi delle dogane e delle imposte;  fece concessioni speciali per il migliore sfruttamento dei boschi demaniali; stabilì esatte regole per le concessioni petrolifere; fece sviluppare più moderni mezzi per l’istruzione e la sanità. In ciascuna provincia furono istituiti i tribunali di prima istanza con tre giudici ed una Corte di Cassazione, con 6 giudici a Tirana, capitale. Amministrativamente l’Albania fu divisa in nove provincie: Durazzo, Scutari, Corizza, Elbasan, Tirana, Argirocastro, Berat, Cossovo, Dibra. Fu lasciata libertà di culto con tre religioni: cattolica, ortodossa e musulmana.

Naturalmente per portare avanti un programma così vasto ed importante Zogu dovette applicare un regime di ferro e dovette impedire ad alcune classi di perpetrare soprusi. E tutto ciò sempre attraverso misure di severità. Per la politica estera Zogu si orientò maggiormente verso la Jugoslavia, in un primo momento. Ma in seguito ad alcuni episodi negativi, dovette rivedere le sue posizioni ed il 27 novembre 1927 firmò con l’Italia un patto di amicizia e sicurezza. Con questo patto i due stati concordarono il mutuo soccorso in caso di  aggressioni esterne.

Nei primi mesi del 1928 la Camera ed il Senato proposero alcune modifiche allo Statuto e per fare ciò decisero che erano necessarie le elezioni. Nel giugno dello stesso anno fu sventato un attentato contro Zogu, il quale ricevette molte manifestazioni di stima da tutto il popolo. Questo aumentò il suo prestigio ed il 1° settembre l’Assemblea Costituente, presieduta da Pandeli Vanjeli, proclamò la forma monarchica dello stato ed assegnò il titolo di “Mbret”, equivalente a quello di sovrano, a Zogu, in riconoscimento dei grandi servigi resi al paese. Il giorno stesso il sovrano prestò giuramento di fedeltà dinanzi all’Assemblea, mentre procedettero i lavori per la elaborazione di un nuovo Statuto.  Seguirono anni di assestamento morale e materiale per la nuova nazione, sotto la guida del re. Fu sempre perseguita una politica di miglioramento economico con l’ausilio di forti prestiti da parte del governo italiano che fornì non solo finanziamenti ma anche perizie ed assistenze tecniche per l’esecuzione di opere pubbliche importanti.

Così si ebbe un esercito ben attrezzato, una buona riforma agraria,, furono fondate scuole, banche ed industrie, prima fra tutte quella del petrolio, trasformati sentieri in strade e poveri villaggi in ridenti piccoli centri. Il porto di Durazzo fu ben equipaggiato con mezzi moderni. Nel novembre 1937 l’Albania festeggiò il venticinquennale dell’indipendenza ed il 27 aprile 1938 re Zogu contrasse matrimonio con la contessa Geraldina Apponyi.

La forte dipendenza dell’Albania nei riguardi dell’Italia, mentre da un lato consentiva al piccolo  stato di migliorare continuamente, dall’altro  però tendeva a diminuire l’autonomia di quel governo e dello stesso re.

A seguito della costituzione dell’Asse Roma-Berlino, fu evidente che l’Italia avrebbe costretto l’Albania a militare dalla propria parte in caso di conflitto; re Zogu allora percepì nettamente il cambio della situazione di questa alleanza, che ormai conveniva di più all’Italia, e sotto la pressione dei governi alleati, francese ed inglese, cercò di esimersi dai doveri incombenti, senza considerare che così facendo dava a Mussolini la scusa per invadere il territoio. Cosa che si verificò il 6 aprile del 1938. Due giorni dopo, con la sola perdita di 12 soldati, dietro una resistenza irrisoria, l'esercito italiano entrava in Tirana, dove impiantava un governo  provvisorio presieduto da Shefqet Verlaci. Re Zogu era fuggito in Grecia. Il 12 aprile fu offerta la  Corona d’Albania al re d’Italia, Vittorio Emanuele III, che delegò i poteri  al già ambasciatore Francesco Jacomoni.

L’Albania all’inizio della seconda guerra mondiale fu utile per il dislocamento delle truppe italiane, inviate a combattere contro la Grecia, e potè anche ingrandire il  proprio territorio annettendosi la Ciamuria, zona di confine con la Grecia, il Kosovo e parte della Macedonia.

All’inizio, debolissime isolate opposizioni si verificarono contro l’Italia. Ma nel 1941 in Serbia, in Montenegro ed in Bulgaria sorsero agguerriti reparti di partigiani che riuscirono a conquistare alla loro causa pure gli albanesi, comandati da Enver Hoxha, grande organizzatore.

Cominciò la clandestinità. E la lotta armata. Quando l’Italia l’8 settembre del 1943 firmò l’armistizio separato con gli Alleati, ad occupare le posizioni italiane in Albania arrivarono i tedeschi.

Quattordici mesi durò l’occupazione, sempre avversata dalla  lotta partigiana. Gravissime furono le perdite di vite umane albanesi ma nel maggio 1944 fu riacquistata la libertà. Nell’ottobre di quello stesso anno si costituì un governo democratico presieduto da Enver Hoxha che assunse il comando di tutto l’esercito ed in poco tempo debellò i tedeschi. E tutto fu fatto senza che gli Alleati fossero stati coinvolti. Per questo l’Albania non fu costretta a seguire le direttive degli altri paesi per deliberare sul proprio paese e quindi potè subito per proprio conto trasformare lo stato da monarchia a Repubblica del Popolo. Questo nuovo stato ebbe il riconoscimento di tutti i paesi e  nel luglio 1946 si strinse pure un accordo fra Belgrado e Tirana. In politica estera l’Albania si orientò subito verso i paesi balcanici.

Si prospettò anche la possibilità per l’Albania di entrare a far parte dell’insieme di repubbliche jugoslave, guidate da Tito.

Invece, quando quest’ultimo interruppe il trattato di amicizia con il Cominform, cioè l’ente supremo di tutti i paesi comunisti del mondo, l’Albania si schierò dalla parte dell’Unione Sovietica e sostituì tutti i tecnici jugoslavi presenti nel paese con altrettanti russi. Nacque così una nuova dipendenza. In tutte le scuole fu obbligatorio lo studio della lingua e della letteratura russe e furono interrotti i rapporti con la Chiesa cattolica albanese e la Santa Sede. Quindi, per la sua stessa posizione, l’Albania fu un naturale tramite per il passaggio dei militanti comunisti verso la Grecia in aiuto degli insorti. Tanto che nel settembre del 1949 una speciale Commissione delle Nazioni Unite dichiarò l’Albania la “principale responsabile del trattato di pace nei Balcani”, e le intimò di interrompere l’invìo di forze e di aiuti ai ribelli. Nel dicembre del 1955, alla fine del conflitto in Grecia, l’Albania fu ammessa alle Nazioni Unite. Mantenne, però, sempre stretti contatti con Mosca, pur allacciando relazioni con i vari paesi occidentali.

Mosca fornì continuamente incentivi di ogni genere per lo sviluppo ed il miglioramento della situazione economica, ed intanto deteneva il controllo totale delle forze armate albanesi, organizzate con lo stesso sistema di quelle russe.

Nell’aprile del 1961 si intensificarono i rapporti cino-albanesi per cui l’Albania potè beneficiare anche degli appoggi cinesi, specialmene nelle industrie chimiche, metallurgiche, elettriche ed edilizie. Nello stesso anno fu sottoscritto anche un rapporto commerciale con l’Italia e poi  via via con la Grecia, la Svizzera, il Belgio e la Tunisia.

Le elezioni del 1974 stabilirono un netto cambiamento nella politica interna del paese. A seguito del disgelo fra Cina e Stati Uniti, in  Albania si era  venuto a creare un raffreddamento dei rapporti cino-albanesi e quindi ci fu la caduta dei relativi sostenitori. Alcuni ministri vennero destituiti; fu promulgata nel 1976 una nuova Costituzione che proclamava  in Albania una Repubblica Popolare Socialista, dove veniva esercitata la “dittatura del proletariato”; si vietava qualsiasi forma di proprietà privata; si appoggiava l’ateismo e ci si opponeva all’imperialismo.

Nel 1976, con la morte di Mao Tse Tung, i rapporti con la Cina cessarono del tutto e l’Albania continuò la sua politica estera all’insegna del riavvicinamento all’occidente. Ristabilì i rapporti con la Francia e nel 1985 con la Gran Bretagna, nel 1986 con la Spagna, nel 1987 con la Germania.

Intanto però nel 1985,   dopo la morte del capo dello stato,Enver Hoxha, aveva assunto il potere R. Alia, che iniziò subito un processo di ammorbidimento della politica interna. Cominciò con il limitare le pene capitali, non condannò più i reati per propaganda religiosa e liberalizzò il rilascio dei passaporti.

Nel novembre del 1990 fu varata una nuova legge elettorale per cui il voto diventava segreto ed i candidati potevano anche essere  al di fuori del partito principale che era il Partito dei Lavoratori Albanesi. Nacquero poi alcuni partiti di opposizione come il Democratico, il Repubblicano e l’Ecologista.

Nel 1991 ci furono le nuove elezioni che assegnarono la vittoria al Partito Comunista e Alia rimase capo dello stato. Nonostante ciò si registrarono buoni piazzamenti del Partito Democratico mentre  quello dei Lavoratori conquistò i centri di campagna.

Il governo, presieduto da F. Nano del Partito del Lavoro, promosse la privatizzazione e la liberalizzazione  in ampi settori dell’industria e ciò provocò un immediato aumento della disoccupazione, dovuta al licenziamento del personale in esubero.

Manifestazioni di piazza, scioperi e disordini portarono alla costituzione di un governo di solidarietà nazionale, comprendente  anche il Partito Democratico, in attesa della ripetizione delle elezioni che si sarebbero svolte nel dicembre del 1991.

Invece le elezioni furono eseguite nel marzo del 1992 ed assegnarono la vittoria al Partito Democratico. Alia si dimise ed il capo del partito vincente, S. Berisha, fu eletto Presidente della Repubblica, mentre il governo di coalizione democratica fu presieduto da A. Meksi.

Il nuovo presidente continuò l’opera di liberalizzazione del commercio con l’estero con l’ausilio del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. In politica interna eliminò completamente il comunismo, epurò dai vari incarichi tutti gli ex dirigenti, incarcerando i più rappresentativi sotto l’accusa di corruzione ed appropriazione indebita.

Nel settembre 1995 Berisha ratificò la “legge sul genocidio” per la  quale venivano proibite fino al 2002 tutte le cariche pubbliche a coloro che si erano macchiati di crimini verso l’umanità nel periodo comunista.

In quello stesso anno e nel successivo 1996 si ristabilirono i rapporti di amicizia con la Grecia, già da tempo deteriorati per problemi con le minoranze albanesi espulse da quel paese. Ma intanto la situazione economica interna era peggiorata, nonostante gli aiuti dei paesi europei, e si era andato verificando un esodo continuo, specialmente verso l’Italia.

Nel maggio 1996 ci furono nuove elezioni ed al primo turno vinse il Partito Democratico. Sorsero però accuse di irregolarità e di brogli per cui vennero ripetute ed al secondo turno del 2 giugno vinse lo stesso partito.

La situazione del paese peggiorò; all’inizio del 1997 molte società finanziarie fallirono e tutti coloro che vi avevano investito i capitali inscenarono una manifestazione antigovernativa talmente forte  che Berisha dovette ricorrere alla mediazione del governo italiano per ristabilire l’ordine.

Fu eletto un governo provvisorio di coalizione presieduto da B. Fino, ma non servì a molto. Lo stato continuò a disgregarsi e le Nazioni Unite furono costrette ad inviare sul posto una forza di protezione che compì la “Missione Alba”, sotto il controllo italiano.  Tra giugno e  luglio 1997 le nuove elezioni portarono al potere il Partito Socialista, il cui leader Nano divenne il capo dell’esecutivo e presidente fu R. Mejdani, al posto di Berisha, dimissionario.

I loro compiti si dimostrarono estremamente  difficili; bisognava: risanare l’economia nazionale rimborsando ai cittadini le perdite subìte nei fallimenti delle finanziarie; combattere contro la mafia che nel frattempo si era costituita;  confiscare le armi che i rivoltosi avevano sottratto nelle caserme e nei depositi militari e ripristinare la legge a tutti i livelli.

Nel settembre del 1998, nel mezzo di questa instabile situazione, Nano si dimise dall’incarico che fu assunto da P. Majko.
Il  paese nel marzo-giugno 1999, a seguito del conflitto esploso  fra la Nato e la Jugoslavia, che aveva aggredito il Kosovo, si trovò a fronteggiare l’entrata nel suo territorio di tanti profughi kosovari, ma anche l’emigrazione clandestina di tanti albanesi verso le coste pugliesi dell’Italia.

Nello stesso tempo divenne il principale centro di raccolta per gli aiuti umanitari destinati al Kosovo, cosa che incentivò la già ampia situazione di illegalità che a tutt’oggi costituisce il problema prioritario della società albanese.